di Marina Zinzani
(Introduzione di Angelo Perrone)
(Tratto da “Racconti della metro”)
(Angelo Perrone) La metro non è l’unico luogo-simbolo delle città moderne. Certo particolare. In uno spazio piccolo e super affollatosi ritrova un’umanità eterogenea. Persone sconosciute con destinazioni diverse. Difficile scambiarsi sguardi, rivolgersi parole. Ogni persona, un mondo a sé. Pensieri, desideri, preoccupazioni.
C’è poi una maschera espressiva che nasconde l’intimità. Il viso è chino sullo smartphone, sedotto dalla magia dello schermo. Un ripiegamento fisico, oltre che mentale. Non siamo più abituati a guardarci intorno, non accade di incrociare gli sguardi. Ciascuno conserva la sua diversità, persino il mistero.
Marina Zinzani prova ad immaginare pensieri e sentimenti di qualcuno dei viaggiatori. Dietro ogni volto, può esserci una storia da conoscere, tutta da scoprire. E in cui ritrovare qualcosa di noi. Dopo le storie di Agnese, Sergio, Lucia, Enrico, Roberta, Vincenzo, Vittoria, Benedetta, Ettore, Francesca, Annalisa, Miriam, Piero, Lucrezia, Simona, Claudio, Elisa, Teresa, Roberto, Virginia, Giulio, ecco quella di Ermanno
Non mi sono alzato bene stamattina, le ginocchia mi fanno male. L’artiglio del diavolo non sta funzionando, chissà cosa ci vuole per me, è l’artrite, c’è poco da fare. Gli anni ci sono, e la pensione si è portata dietro i primi acciacchi. Anche le mani ogni tanto mi fanno male e si gonfiano, lo so che è stato il lavoro, tutti quegli anni in un ambiente umido, poi la salute presenta il conto.
Devo fare il gateau di patate stasera. Questa volta devo farlo proprio buono, cotto al punto giusto, la mortadella saporita che deve profumare, il formaggio che deve filare per bene. Deve essere buono perché devo farlo assaggiare ad Antonia.
Chi l’avrebbe detto che il mio cuore avrebbe ripreso a battere. Alla mia età. È il momento in cui si è solo nonni, in cui si seguono i nipotini quando ce li affidano, e poi si sta ai giardinetti, a portare a spasso il cane, a godersi la pensione, il tempo a disposizione. Che poi a volte non si sa come farlo passare il tempo.
Uno l’ha agognato tutta la vita il tempo per sé stessi, quando si era al lavoro. Si sentiva che la vita vera era altrove, ma piano piano quelle giornate sempre uguali sono diventate anni, decenni, che hanno fatto scivolare piano piano nella terza età.
E a volte quel tempo diventa un peso, non si sa come far sera. Si vorrebbe parlare con qualcuno. Il figlio è sempre di fretta, e poi le cose con sua madre sono andate come sono andate, è inutile metterci del sale sopra. È meglio che non ci pensi, le cose sono finite così. Ad un certo punto non ci siamo più capiti, io e sua madre, era come se parlassimo lingue diverse, si era rotto qualcosa, una magia, quella dei primi tempi.
C’è da dire, col senno di poi, che quelle differenze che all’inizio non sembrano importanti, possono diventarlo negli anni, estremizzarsi. Quando c’è la passione due componenti lontane si avvicinano, sono le differenze del carattere, sociali, culturali, l’amore ride di questo all’inizio, fa superare tutto. Ma con gli anni, quando la passione scende e si trasforma in qualcos’altro, quando le difficoltà quotidiane riempiono le giornate, quelle differenze si notano, quelle componenti lontane tornano ognuna dalla propria parte, si radicalizzano.
Questo processo è aiutato anche da gente che entra in casa, nella sfera di una coppia, portando disarmonia, sospetto, quasi come se rivendicasse un proprio diritto all’interno di quella coppia, che invece è e deve rimanere un luogo racchiuso. Quasi sacro. Vallo a spiegare questo pensiero a qualcuno. Dice che tu vedi cose che non ti riguardano, che non accetti critiche, che i parenti esistono e ci vogliono bene. Non tutti, vorrei dire. Lasciamo stare. Perché penso a queste cose ora, devo pensare a fare bella figura con Antonia stasera.
Mi ha invitato a cena. Io ho detto che preparo un gateau che fa impazzire i miei nipoti, lei ha detto che prepara un’amatriciana, di solito le riesce bene, è anche umile, Antonia, probabilmente la sua amatriciana sarà buonissima. Lei è romana, si era trasferita a Milano col marito, da un anno è rimasta sola, lui è mancato e i suoi figli sono lontani.
Non era scontato incontrarsi in ascensore, mettersi a parlare, e poi non era scontato neanche che lei accettasse di fare una passeggiata sui Navigli, luogo romantico, sono sempre romantici i Navigli, anche se ci siamo andati nel tardo pomeriggio, di sera c’è troppa confusione, non fa per noi.
Ha ancora un aspetto giovanile, Antonia, una pelle che non rivela la sua età. È dolce, materna direi. Mi ha regalato anche una sciarpa, semplicemente l’aveva vista in un mercato, le era piaciuta ed ha pensato di regalarmela. Sono cose che riempiono il cuore, la porto sempre ora.
Comunque stasera è la prima volta che salgo da lei, e devo presentarmi bene. Mettermi la camicia a righe bianche ed azzurre, il gilet blu. D’altronde io sono io, sono quello che sono, mi presenterò così, come sempre. Però non devo portarle solo il gateau, ma anche un mazzo di fiori o una pianta. Eh sì, non si va a casa di qualcuno a mangiare senza niente in mano, qualcosa si deve portare sempre. Però non vorrei essere banale.
Potrei portare del buon vino, ma non so se lei beve, non gliel’ho chiesto, che cosa posso portare di originale? Ilaria una volta aveva detto che per prima cosa bisogna portare il cuore, ad un appuntamento. Cosa voleva dire? Cosa significava portare il cuore? Pensaci un po’, portare qualcosa che è in relazione a qualcosa di più profondo. Ma cosa? E se portassi un libro di poesie? Le piacciono le poesie ad Antonia? Certo, sarebbe un regalo non banale, non lo fanno tutti.
Un libro di poesie come quello che avevo visto in libreria giorni fa, c’erano poesie di Prévert, di Neruda, era davvero una bella raccolta. Quasi quasi mi fermo adesso e vado a prenderlo, faccio fare un bel pacchetto e stasera glielo regalo. Sarebbe bello che lei aprisse il libro e leggesse subito una poesia a caso. Io le dirò che la mia preferita è quella di Prévert, “I ragazzi che si amano”. “I ragazzi che si amano non ci si sono per nessuno, essi sono altrove” Bell’idea. Scendo ora. Duomo.
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