di Paolo Brondi
Nel primo canto corale dell'Antigone di
Sofocle si ricava una concezione della cultura che, come sempre accade per
beneficio del sapere antico, ha sapore straordinariamente moderno: “il
linguaggio e il pensiero che è come il vento e i sentimenti che creano le
immagini egli (l’uomo) a se stesso ha insegnato”. E’ qui anticipatamente
intuito quello che oggi è “centrismo culturale” i cui effetti, sostanziati dal
potere dei media, mentre tessono una pesante ragnatela sulla coscienza di
ognuno, sono matrice di quel trionfamento culturale che si identifica con il
pregiudizio. Che la nostra cultura sia cultura di pregiudizio lo prova la
quotidiana testimonianza dei tanti che non riconoscono i propri errori ché anzi
li usano come mezzi per elevare a verità i propri interessi, per non avere
remora morale alcuna nel compiere sopraffazioni, per spostare su altri l’onta
di errori o di azioni vergognose.
Sono interessi che ormai sedimentano in ogni
istituzione: nella famiglia, quando si sostituisce la reciprocità dell’impegno
educativo, con il privilegio dei più forti o con i diversi mezzi con cui i
deboli si difendono; nelle istituzioni politico-sociali, quando i vari membri
trasformano a loro vantaggio le finalità generali, commettendo una pluralità di
abusi e astutamente inventando ogni sorta di razionalizzazione per
giustificarli. All’interno di questi ultimi sistemi, tali interessi diventano
strumenti di consenso per le masse, ovvero per tutti coloro che rinunziano,
spesso per proprio vantaggio, o per misconoscenza, a prendere coscienza critica
dei pregiudizi e non si liberano di quegli occhiali che non illuminano la
strada del divenire, ma la deformano.
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