di Marina Zinzani
(Leggendo
Josephine Hart, Il danno, Feltrinelli,
1999)
Di
mattina presto c’è un altro sguardo. L’aria è fresca, piena di ossigeno, c’è un
po’ di tempo, minuti, che possono
diventare propri. Solo per noi.
Il
piacere sottile del caffè si accompagna al silenzio, magari al buio là fuori.
E’ un momento unico, a saperlo riconoscere, perché sembra che ci sia un altro
essere, dentro di noi, che emerge, libero, puerile, leggero. Prima del giorno,
prima di fare, prima di essere qualcuno.
Josephine
Hart nel suo libro “Il danno” ci prende per mano e ci fa vedere quella parte
del mattino, senza definizioni, identità. Parla di quell’essere sconosciuto
dentro di noi che emerge ogni tanto. E’
un viaggio attraverso i sensi,
l’esplosione di un’emozionalità
che mette tutto in discussione: ciò che c’era prima, il passato, il presente.
L’essere che si risveglia, e ogni cosa non è più come prima. Libero, libero
come in certi minuti del mattino.
E’
un viaggio struggente, inquietante, realizzazione di una parte segreta di sé
che vive qualcosa oltre ogni convenzione, ragionamento, morale, fino a perdersi. La passione che
diventa alito di vita, essenza necessaria per vivere. Il proprio essere segreto, quello dell’alba,
che crede di trovare un proprio simile.
Sembra
di annusare il profumo di un fiore, fra le pagine del libro. Il profumo di un
fiore di cui non si ricorda il nome. Un fiore misterioso che raccolto è
diventato un fiore appassito.
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