di
Paolo Brondi
Sempre
nuovi e sofisticati sono gli strumenti per depositare la memoria, al di fuori
della mente, in magazzini da cui i dati vengono richiamati quando sono
necessari. Con il costante potenziamento delle memorie esterne, stampa,
giornali, computer, floppy disk, e, in genere, ogni strumento di registrazione
dei dati di memoria, diminuisce la necessità della memoria individuale interna.
Tale e tanto è il processo di esteriorizzazione che sempre più è in atto la demotivazione, sia a livello della didattica che dello studente e del professionista, a tenere a mente un grande numero di dati; neppure una poesia, nemmeno un’ode. Comportamenti finalizzati a raccogliere testimonianze, repertori di ricordi, che costituivano parte integrante della formazione di un individuo, oggi paiono diventare una semplice curiosità storica.
Tale e tanto è il processo di esteriorizzazione che sempre più è in atto la demotivazione, sia a livello della didattica che dello studente e del professionista, a tenere a mente un grande numero di dati; neppure una poesia, nemmeno un’ode. Comportamenti finalizzati a raccogliere testimonianze, repertori di ricordi, che costituivano parte integrante della formazione di un individuo, oggi paiono diventare una semplice curiosità storica.
Si
rischia così di perdere gradatamente il beneficio della memoria, così come
tradizionalmente concepita, quella cioè che aiuta a combattere la dimenticanza,
l’oblio, per favorire l’accrescimento del sapere, per consolidare l’esperienza,
per raccogliere indicazioni per l’agire futuro, per non essere impreparati
davanti a situazioni note. Tutti elementi questi, insieme a tanti altri, che
costituiscono la base fondante dell’identità di un individuo o di un popolo che
proprio nel passato, si riconosce e si distingue nella sua peculiarità, che
proprio nella sua storia, conservata grazie alla memoria riconosce le proprie
radici e le basi della propria crescita.
Nel
deserto di paesi, creato da genti che tutto distruggono del proprio e
dell’altrui passato, si rincorre solo e soltanto brandelli di storia vanamente
illuminati dalla fede. E’ un segno quest’ultimo della ambivalenza del nostro
tempo, tra conservazione e distruzione, amore per la tradizione, affermazione
del nuovo, esigenza del ricordo, esigenza della dimenticanza, cancellazione di
ogni ricordo. In questa ambiguità che resta della memoria se non il rendersi
fluida, variabile: come memoria del presente e memoria extratemporale; una
memoria d’azione, una memoria in massima parte esteriorizzata… e spesso
tragicamente vuota.
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