di Giovanna
Vannini
Il
tassista non seppe mai quanto amore si consumò sopra il tetto del suo taxi.
Nemmeno i colleghi, tutti in fila, rigorosi sui loro sedili, col finestrino
abbassato e col rumore di scappamento nelle orecchie, alzarono gli occhi al
cielo dell’auto, ebbero l’ardire di immortalare in qualche modo ciò che
succedeva.
I
due in amore non potevano aiutarli. Fermo per loro era il tempo, stoppata per
loro la vita, quella che sta davanti e dietro alle abitudini, mette in fila i
problemi, si adopera per superare le preoccupazioni. Una sola per loro ce
n’era, fatta di felicità e passione, da mordersi in fretta, da fermare
nell’attimo fuggente.
Lei
sentì il vuoto intorno a sé e il silenzio che non c’era. Sentì solo l’odore
della bocca di Lui, l’umidità della sua lingua in ritmo, e il sangue che le
arrossiva le guance, le pulsava le tempie.
Fu abbandono, di mente, di membra. Lui pensò di aver lasciato il tetto, preso
il volo, con Lei per le labbra trattenuta, con Lei per l’esile vita
sorretta. Sotto la trina dell’abito i piccoli seni appoggiavano la giacca. Per
la furia di succhiarle l’anima, Lui non tolse il cappello. Il tassista non
seppe mai quanto amore si consumò sopra il tetto del suo taxi.
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