di Valeria Giovannini
(Commento di Angelo Perrone)
"Ora Mosè, nella Legge, ci ha
comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici? (...) Ma Gesù si chinò
e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poichè insistevano nell'interrogarlo, si alzò
e disse loro: "Chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra contro
di lei". E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se
ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la
donna era là in
mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: "Donna, dove sono? Nessuno ti ha
condannata?" (Gv 8, 1-11)
Le parole scritte sulla pietra hanno
la stessa valenza di quelle scritte sulla sabbia. Sono destinate a scomparire
se non si entra in relazione. La legge sola non conta nulla. Occorre guardare
l'altro. Non per giudicarlo, ma per vedere se stessi. E Gesù offre la più
grande consolazione a questa donna. Attraverso una domanda. Anzi due. Donna,
dove sono? Nessuno ti ha condannata? Le sue domande sono inviti alla riflessione.
Al contrario la condanna, parafrasando quanto scritto una volta da Umberto
Galimberti, non è altro che un rigurgito di autoassoluzione a buon mercato.
(ap) La legge del
taglione, che punisce con la lapidazione le donne adultere, è sospesa per sempre.
Non è più ammissibile il ricorso alla vendetta e alla violenza. Definitivamente
superato da un’altra legge. Il gesto di Gesù di fronte all’adultera sovverte
gli schemi del tempo antico risalenti al Dio di Mosè e introduce nella vita di
ciascuno l’esperienza radicale dell’amore. Un vissuto che trova nel perdono la
sua prova più alta, perché asimmetrico, sbilanciato, disinteressato, senza
alcun corrispettivo, infine dono personale privo di pretese, di risarcimento o
di scambio. Il passaggio si confronta con l’impossibilità di perdonare
l’impossibile. Ispirato al rispetto verso l’altro e le sue scelte. Quelle
domande insidiose provocano sconcerto negli ascoltatori e persino sorpresa
nell’adultera. Aprono un chiarore nuovo nella storia. Gesù parla all’uomo e sposta
il centro del discorso dal rapporto esteriore
tra la legge e il singolo a quello intimo tra la persona e il proprio senso di
sé. Chi può pensarsi così puro da giudicare l’altro? Cosa sapete voi dell’animo
dell’adultera per condannarla? Non c’è tradimento più grande di quello che si
consuma con se stessi. Su di esso spetta misurare il proprio senso di
responsabilità.
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