Fregene: il fascino che l’ha resa famosa? Un’idea di luogo
separato dal mondo anche se vicinissimo a Roma. Un’immagine “californiana”, ma
più casalinga e più umana di quella originale
(ap) Se ogni capitale
pur lontana dal mare ha la sua spiaggia, Roma ha Fregene. La grande città cerca
di ritagliarsi uno spazio sulla spiaggia e questo diviene alla fine immagine di
sé.
Un angolo della sua
esistenza e del suo modo di essere, una proiezione del suo stile e della
sua consistenza più intima, tra desiderio di modernità, ricerca di un
prolungamento del proprio territorio oltre i limiti materiali, sconfinamento
esistenziale al di là degli angusti margini del frustrante ritmo della
metropoli.
Il luogo prescelto
diviene così lo specchio di un’altra realtà e delle sue contraddizioni,
rimanendo nel caso di Fregene sempre a metà strada tra sviluppo culturale ed
urbanistico del tutto autonomo, e comoda – ma anche pigra e sonnolenta -
dependance della più grande e maestosa capitale.
In fondo, quasi un
cortile di casa, in cui speranze nascoste esprimono un incompiuto anelito di una
città ideale, quasi una moderna Arcadia, a due passi da casa, raggiungibile in
pochi minuti e senza sforzo, per la quale pure sembrerebbe che nessuno sforzo
sia richiesto o necessario per renderla gradevole e rassicurante, o
eventualmente per mantenerla nel preesistente stato di grazia.
Una città ideale
perché possiede tutto in natura per renderla accogliente e stimolante, dal mare
alla terra così rigogliosa, alla vicinanza con le strutture cittadine. Non si
pensa naturalmente in queste valutazioni all’eventuale distratto e lontano
turista che viene da fuori, ma al frequentatore romano, considerato come
naturale e quasi esclusivo destinatario delle sue bellezze.
Sorta nel 1928, appena terminata la bonifica di Maccarese, Fregene è una
località del comune di Fiumicino, ma troppo vicina a Roma (32 km) per non
essere compresa nell’area metropolitana della grande città. I ritrovamenti
archeologici del passato sono bastati per ritenere che il porto fluviale
situato alla foce dell’Arrone, che esce dal lago di Bracciano, sia stato un
antico insediamento risalente all’epoca romana se non etrusca.
Nel 1666, papa
Clemente IX mise a dimora la pineta, poi divenuta monumentale, per la difesa
dei campi coltivati dai venti marini e per rendere salubre il terreno acquitrinoso
circostante. Da allora è sempre sembrato incredibile che a poca distanza da
Roma esistesse una pineta così grande e maestosa.
Deve essere stato il richiamo della città ideale a indurre intellettuali
come Federico Fellini e Ettore Scola, scrittori come Alberto Moravia, e non solo attori e protagonisti
del cinema e della tv, a frequentare questa cittadina, ad amarla e a renderla
luogo di soggiorno, eleggendola talvolta persino a scenario privilegiato di
opere di grande spessore culturale, come il film “Giulietta degli spiriti”, che Fellini volle ambientare in questa zona.
Nella parte settentrionale, il caratteristico "Villaggio dei
Pescatori" nacque spontaneamente con la costruzione di capanne
direttamente sulla spiaggia da parte dei pescatori alla fine della seconda guerra
mondiale e poi negli anni '50 trasformato abusivamente nel luogo più esclusivo
di Fregene, in quanto prediletto da molti letterati e cineasti dell’epoca.
Nonostante
ciò, per tutto il litorale, nelle giornate serene, quando le acque pur non
bellissime sono calme e placide, i pescatori vanno tuttora in su e in giù con
quel loro speciale rastrello in cerca di telline, e comprarle dalle loro mani è
come ricevere qualcosa di prezioso.
Nella parte meridionale, è situata l’importante riserva faunistica
dell’Oasi di Macchiagrande che ospita numerose specie di uccelli acquatici e
della macchia mediterranea e inoltre l'istrice, il coniglio e numerose
tartarughe.
Ci si illude che
Fregene abbia i connotati
del sogno idilliaco per l’affaticato cittadino romano e che dunque, come per
tutti i sogni idilliaci, la natura abbia donato tutto il necessario per vivere
senza che poi sia necessario preoccuparsi d’altro per renderla – specie ai
tempi d’oggi - più fruibile.
Si dimentica, presi da questo sogno, quanto occorrerebbe fare per curare
da vicino quella stessa natura e per migliorare le attività che vi si
intraprendono, indulgendo verso una eccessiva sciatteria pur così mediterranea,
che pure fa parte del fascino del luogo.
Alla fine, Fregene offre la rappresentazione delle contraddizioni della
città e dei suoi abitanti, rivela nel profondo ciò che la facciata copre
talvolta sapientemente, tra desiderio di bellezza e di pace, apprezzamento per
una natura ancora rigogliosa e piena di ricchezza, e anche incuria e indolenza
rispetto al nuovo e alle necessità di oggi.
Fregene però continua a dare questa idea di luogo separato dal resto del
mondo: poche case nella pineta, rari esercizi pubblici, un numero limitato di
residenti. Non solo, per pochi, un luogo dove aver voglia di fare un film o di
scrivere un libro, lontani dallo smog e dal frastuono, una specie di California
più casalinga e più umana di quella vera, ma, per tutti, un’oasi di pace, dove
tornare a passeggiare a piedi, a muoversi con la bicicletta, a indugiare per strada
o sulla spiaggia, a fare quattro chiacchiere, assecondando un ritmo di vita più
dolce ed umano.
(foto ap)
(foto ap)
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