Violenze domestiche, storie di silenzi e di rabbia: la risposta che
sembra mancare
di
Marina Zinzani
Marianna
aveva denunciato molte volte il marito violento. L’hanno trovata in un
parcheggio, massacrata con trenta coltellate. E’ stato proprio lui. Nessuno si
era mosso per proteggerla.
Lorenza
era andata dieci volte dai carabinieri. “Quello mi ammazzerà” aveva gridato. Un
giorno i vicini hanno sentito una forte lite e dei rumori, poi silenzio, poi
lui è sceso in strada pieno di sangue. Lei non ce l’ha fatta. Inascoltata. Come
se avesse predetto la propria morte.
Silvia
aveva lasciato un fidanzato violento e voleva riappropriarsi della propria
vita. Era spaventata per le sue continue telefonate, per trovarselo fuori dal
lavoro o sotto casa la sera. Aveva fatto delle denunce. “Tu denuncialo, vedrai
che smette” l’aveva consigliata un’amica. Non denuncerà più ora, non c’è n’è
più bisogno. Lui si era preso anche la pistola, un colpo ed è finito tutto.
Si
potrebbe continuare ancora. Storie inventate o vere, possono cambiare i nomi, i
pochi dettagli. L’essenza rimane. Denunce inascoltate, disperazione che cresce
in queste donne che intuiscono, ben intuiscono la pericolosità di un uomo, e richiedono
di essere protette.
Ciò
che succede dopo pone sempre le stesse domande: chi ci difende? Non si poteva
prevedere, dicono le forze dell’ordine, non si possono proteggere tutte le
donne minacciate. E quindi? A questo punto ci si chiede perché denunciare se
non accade nulla, se non c’è la minima tutela.
Resta
il disorientamento e la rabbia, la sensazione di superficialità, l’inadeguatezza
di leggi e di mezzi. Restano le vittime, di cui ci si occupa solo quando è
troppo tardi.
Sulla
follia di alcuni uomini, a cui si assiste ogni giorno, sembra ci sia poco da
fare. Cultura, rispetto e un’umanità perduta: pezzi volati via da qualche
parte, non si sa dove, non si sa quando.
Nessun commento:
Posta un commento