Ricordi, affetti,
memorie: quando volano i tasselli dell’esistenza
di Marina Zinzani
L’arte
del perdere è una definizione citata in un film, “Still Alice”. Parla di una
donna che si ammala precocemente del morbo di Alzheimer e vede perdere ogni
giorno pezzi del suo mondo, delle sue capacità cognitive e fisiche. Film bello
e struggente, con Julianne Moore. Lei ha vinto anche l’Oscar per migliore
attrice per questa interpretazione.
L’arte
del perdere è forse la sintesi di questa malattia, anche se non si tratta di
un’arte ma di un dramma senza confini, che tocca anche le persone vicine a chi
si ammala.
La
vita di ognuno è come un puzzle, tanti pezzi che si inseriscono lungo il
percorso, immagini anche preziose che segnano il cammino e l’identità. Ogni
pezzo un ricordo, un avvenimento, emozioni racchiuse, talvolta rappresentate in
foto felici, tentativo di fissare istanti destinati a dissolversi. E ogni
tassello crea la storia di una vita, immagini sfuocate e la loro
rappresentazione attuale attraverso affetti, figli, identità lavorativa e
sociale.
Poi
capita un giorno che una tessera voli via, e poi un’altra, un’altra, pezzi di
memoria e ricordi che volano via, e poi ancora, ancora, fino a che il puzzle
diventa pieno di buchi, e il quadro diventa drammaticamente vuoto. Non si
ricorda più, si perde la propria identità.
Si
comincia a perdere. Non si può coniugare il senso della perdita all’arte, ma
forse, forse, la delicatezza con cui le persone care assistono allo staccarsi
delle tessere del puzzle, il loro stare accanto a chi vede svanire i ricordi, le
percezioni del malato che si ritrova indifeso e consapevole, in una dimensione
struggente, può richiamare la parola arte. L’arte di vivere, fatta anche di
perdite, lutti, affetti, ricordi.
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