Il velo sulla libertà
di Laura Maria Di Forti
Finalmente! Mai come in questi ultimi tempi l’arrivo della bella stagione ci rincuora e ci riempie di entusiasmo. Sono stati tempi duri, la pandemia ci ha colmati di paure e ci ha fatto vivere rinchiusi, non solo in cappotti e berretti di lana, ma anche in maschere che ci hanno sì protetti, ma anche fatti sentire prigionieri.
La bella stagione, fatta di giornate tepide e di un sole che ci inebria col suo calore e con la sua luce, addolcisce i nostri pensieri e ci coccola teneramente come una mamma fa col suo bambino. E così, sotto un cielo azzurro e finalmente sereno, al riparo da piogge e dal buio del periodo invernale, possiamo godere delle tenere foglie e dei fiori che spuntano come per incanto.
Ora è tempo di respirare a pieni polmoni e, anche se nei luoghi affollati e chiusi dobbiamo sempre ricordare di coprirci con la mascherina, sappiamo che possiamo liberarcene appena possibile e andare a mostrare i nostri volti come siamo sempre stati abituati a fare.
Giorni fa, passeggiando per le vie centrali di Milano, ho visto una donna straniera con il burqa che la ricopriva integralmente dalla testa ai piedi, lasciandole solo un sottile spiraglio all’altezza degli occhi. Sono rimasta senza parole, sembrava un fantasma nero che camminava per quelle vie eleganti. E pensare che mi ero appena lamentata per la solita mascherina indossata per il gran viavai di gente!
Quella donna, invece, era interamente coperta, mentre l’uomo al suo fianco, il marito probabilmente, se ne andava tutto spavaldo guardandosi intorno. Una follia, ho pensato, mi sentivo indignata, provavo pena per quella donna e al contempo vergogna per il comportamento innaturale con cui talvolta noi esseri umani trattiamo i nostri simili.
Come può succedere una cosa del genere? Un padre, un marito o un fratello come possono permettere o addirittura pretendere che la propria figlia o moglie o sorella viva in questa schiavitù oppressiva e lesiva della propria dignità?
È un mistero ma, certamente, l’ignoranza dei diritti umani, come il pensare che una persona sia inferiore perché donna o di colore nero o perché fa scelte diverse da quelle correnti, è un’ignoranza colpevole e deve essere perseguita da chi conosce quanto la diversità, invece, sia arricchente. Talvolta occorre essere intransigenti e non permettere certe pretestuose arroganze da parte di chi, invece, guarda dall’alto in basso chi non è come viene dettato da certi meccanismi perversi e certe idee, pregiudizi, ideologie egoistiche e pregiudizievoli.
La pazienza, talvolta, non serve. Occorre demolire l’ignoranza lesiva dei diritti degli altri. Io non vorrei vedere queste atrocità nel mio Paese. Come noi donne occidentali non possiamo entrare in certi Paesi se non ci copriamo il volto e il corpo, perché permettiamo che certe donne vengano trattate come sacchi di patate?
Parliamoci chiaro, il velo imposto dall’Islam non è una moda sui generis, è invece un’imposizione, un sopruso che mantiene la donna sottomessa ed io, proprio in quanto donna, mi sento colpita, demolita e annientata, completamente vinta da una mentalità che esclude invece di includere.
Allora, tolleranza zero? Per me sì, ma mi rendo conto che dietro ogni risposta politica ci sono grandi problemi, rapporti commerciali, paura di ritorsioni, rapporti diplomatici che possono andare in frantumi.
Quindi, bisogna solo sperare che certe convinzioni, tradizioni, che molte radicate regole di comportamento, soprattutto di carattere religioso, cedano di fronte allo sviluppo economico, all’apertura verso altre ideologie, che vacillino di fronte alla presa di posizione di qualche illuminato. Passeranno i secoli, allora, e nel frattempo le donne, o i diversi, continueranno a soffrire, a morire, magari.
Non c’è niente da fare: l’iter dell’umanità è costellato di orrendi precipizi, di reti e di tranelli mortali e, talvolta, invece di andare avanti, si torna indietro.
Godiamoci il sole, nel frattempo, e speriamo che i signori della guerra, che mai mancano all’appello, purtroppo, si stanchino presto di giocare ai soldatini, vecchio gioco, tra l’altro non più tanto in voga tra i bambini di questo millennio. Loro, i bambini, preferiscono correre nei prati dietro un pallone o guardare un cartone animato alla televisione. Macha e Orso (toh, sono russi anche loro!) sono più simpatici e fanno tanto ridere e, si sa, il riso fa buon sangue.
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