Il Fortino a Forte dei Marmi |
di Marina Zinzani
(Introduzione di Angelo Perrone)
(Tratto da “Racconti di una vacanza in Italia”)
(Angelo Perrone) La ricerca di mete turistiche non convenzionali è affascinante, e riserva sorprese. Marina Zinzani prova a seguire i passi di due amici americani in giro, per la seconda volta, per l’Italia al di fuori degli itinerari più noti.
Ci sono nuove realtà da conoscere. Un mondo là fuori è pronto a mostrare la sua essenza. In questo contesto multiforme, non dobbiamo trascurare noi stessi.
È interessante ciò che si vede, ma sorprendenti sono gli occhi con cui si guarda. Si apprende di sé qualcosa che non si sapeva di possedere, si sperimentano nuove emozioni. Questa, al termine, la conclusione emozionante. Ma potrebbe capitare di avvertirne segnali strada facendo.
C’è un tragitto da compiere. Per l’io narrante, che è uno degli amici, tante sollecitazioni. L’urgenza di prendere i primi appunti. Riemergono, di riflesso, pensieri appena letti su un gran libro come “Jean Santeuil” di Marcel Proust.
Infine lo sguardo ritorna su di sé. Per ognuno, si sa, è diverso. Ciascuno ha la sua, di verità, da raccontare. È il momento in cui il viaggio riserva le sorprese maggiori.
Dopo Orvieto, Spello, Spoleto, Assisi, Perugia, Urbino, Recanati, Jesi, Torre del lago, ecco Forte dei Marmi
Come descrivere la pittura di Carlo Carrà? Sono innamorato dei suoi quadri, è stato un amore a prima vista. Amo quel senso di rarefazione, di apparente solitudine, di pace che un suo dipinto riesce a trasmettere. E mi sono promesso di visitare i luoghi da cui lui aveva preso ispirazione.
Carlo Carrà amava Forte dei Marmi, passava qui le sue estati ed aveva trovato nel paesaggio un’attrazione che lo aveva portato a dipingere moltissime opere. I capanni in riva al mare, le vele, il cielo plumbeo di fine estate: ogni cosa porta al raccoglimento, ad una sensazione indefinita, sono paesaggi spogli delle figure umane, ma trasmettono emozioni a cui non si riesce a dare il nome.
Introspezione, malinconia, nostalgia, contatto con la natura e con l’essenziale, incontro con noi stessi.
Siamo andati alla ricerca del mondo di questo artista, che aveva una casa qui a Forte dei Marmi, nel quartiere di Roma Imperiale. Era arrivato nel 1926 e da allora si era innamorato di questo luogo. È famoso il Fortino, sono gradevoli le passeggiate in un clima quasi sonnolento, di pausa, e sono meravigliose le ville immerse nella pineta, che fanno pensare a giornate con amici, in piscina, a giri in bicicletta, a vacanze all’insegna del silenzio.
Non so se ho captato il mondo di Carrà. Credo che proprio il silenzio sia una delle chiavi della sua pittura. Un mondo rarefatto, in cui le forme tornano primitive, senza orpelli, una spiaggia, una casa, un albero, un cavallo, e ci si sente un po’ nudi, ma in questo essere spogli si ritrova un’armonia antica, senza rumori di sottofondo.
Il cibo è stato gustoso: una zuppa di pesce che chiamano caciucco e il castagnaccio. Dell’ottimo vino ha accompagnato il pasto.
Da Proust: “Improvvisamente, sulla costa degli argini, nei campi, un papavero nato qua o là dal calore dell’estate, ospite delle sue erbe folte e della sua ombra luminosa, levava sulla corda tesa del suo sottile stelo verde il fiore splendido e semplice come un unico largo petalo rosso.”
Una riflessione sulla meditazione, intesa come pausa, soffermarsi, cercare di capire, chiedersi delle cose. Il lavoro assorbe così tante energie, appesantisce vite, le cambia, fa perdere l’armonia dei rapporti, passano anni e non si ricorda cosa si è fatto. Business, doveri, la testa impegnata nella propria professione.
In questo correre continuo fa quasi spaventare un momento di solitudine o di pausa, i conti non sempre tornano. Si pensa ad occasioni mancate, a parole non dette, ad anni sprecati dietro una ricerca rivelata fallita.
Forte dei Marmi non è solo luogo di grande ricchezza, è il luogo che ha saputo cogliere Carrà. Qualcosa che lui ha reso immortale, e di cui è difficile trovare le giuste parole. Le emozioni non si raccontano, si avvertono.
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