Casa Puccini, Torre del Lago |
di Marina Zinzani
(Introduzione di Angelo Perrone)
(Tratto da “Racconti di una vacanza in Italia”)
(Angelo Perrone) La ricerca di mete turistiche non convenzionali è affascinante, e riserva sorprese. Marina Zinzani prova a seguire i passi di due amici americani in giro, per la seconda volta, per l’Italia al di fuori degli itinerari più noti.
Ci sono nuove realtà da conoscere. Un mondo là fuori è pronto a mostrare la sua essenza. In questo contesto multiforme, non dobbiamo trascurare noi stessi.
È interessante ciò che si vede, ma sorprendenti sono gli occhi con cui si guarda. Si apprende di sé qualcosa che non si sapeva di possedere, si sperimentano nuove emozioni. Questa, al termine, la conclusione emozionante. Ma potrebbe capitare di avvertirne segnali strada facendo.
C’è un tragitto da compiere. Per l’io narrante, che è uno degli amici, tante sollecitazioni. L’urgenza di prendere i primi appunti. Riemergono, di riflesso, pensieri appena letti su un gran libro come “Jean Santeuil” di Marcel Proust.
Infine lo sguardo ritorna su di sé. Per ognuno, si sa, è diverso. Ciascuno ha la sua, di verità, da raccontare. È il momento in cui il viaggio riserva le sorprese maggiori.
Dopo Orvieto, Spello, Spoleto, Assisi, Perugia, Urbino, Recanati, Jesi ecco Torre del Lago
Ho amato Puccini fin dal primo momento. La sua è musica che incanta, parla al cuore in un linguaggio universale come è la musica. Dovrei scrivere tante cose, ma lo scrigno che contiene le emozioni non riesce ad aprirsi, e dovrei usare la razionalità per descrivere questo viaggio a Torre del Lago, in cui lui visse per molti anni. Abbiamo visitato alcune stanze della sua casa, e l’occhio si è soffermato soprattutto sul suo pianoforte. Nacquero lì, fra quelle mura, le sue opere.
Il luogo è ameno, suggestivo. Bisogna aprire una parte di sé e far entrare un rivolo di vento portatore del passato, pensare che l’anima dell’artista fluttui ancora nell’aria, nel luogo in cui egli ha vissuto, creato, pensato, immaginato, evocato figure di donne che poi sono diventate leggendarie, Madama Butterfly, Turandot, Mimì, Tosca.
Il lago di Massaciuccoli, in cui lui andava anche a caccia, mi è apparso un’oasi di silenzio, ho chiuso gli occhi ed ho immaginato lui in barca, forse fra quelle acque è nata una melodia, forse quel luogo è magico.
La Toscana ci riserva ancora una volta i suoi doni, le sue città, i suoi paesaggi unici al mondo, carichi di poesia. Ci riserva anche la sua ottima cucina, perché poco dopo la visita alla sua casa siamo entrati in una trattoria e ci siamo deliziati con il pancotto di Viareggio, con crostacei, pane, pomodoro e aglio, e per dolce dei cantucci con il Vin santo.
Da Proust: “Ed il mobilio appariva così come una specie di storia, dove, l’uno a fianco dell’altro, l’individuo, la professione, la classe avevano stabilita la loro presenza, fissata la loro vita, espresso il sogno, deposta la memoria.”
Era un desiderio ben preciso quello di visitare i luoghi di Puccini. Le sue opere mi hanno regalato dei momenti così unici, particolari, in cui la poesia si univa all’assenza di pensieri negativi, di preoccupazioni, in una sorta di magica rarefazione. Era come se il cielo si fosse liberato dalle nubi e fosse entrato un raggio di sole particolare, diverso dagli altri.
Mi sentivo innamorato, dopo tanti anni, dopo la fine del mio matrimonio, e percepivo tutto, assaporavo tutto, ero consapevole che quella era una forma di felicità che era arrivata nella mia vita, inaspettata. Ascoltavamo il finale della Turandot e lei era accanto a me, non ci eravamo ancora sfiorati, ufficialmente eravamo due amici che erano a teatro, ed io ero un po’ impacciato. Mi giravo ogni tanto verso il suo volto, lei aveva un’espressione dolce, rapita dalla musica.
Eravamo vicini nel sentire lo stesso trasporto. Era un momento regalato, di rara bellezza, quei momenti in cui tutto ha l’incognita di un inizio, ma anche l’emozione di un primo appuntamento. Alla fine le nostre mani si sfiorarono, e lei mi sorrise.
Ripenso ora alla vita di Giacomo Puccini. Ho letto delle cose che mi hanno sorpreso: il suo matrimonio con Elvira non fu felice, lo si apprende dalle lettere che lui scriveva alle sue amanti. La sua era la ricerca di una pausa delicata, dolce, lontano da una moglie estremamente gelosa che aveva portato al suicidio Doria, una giovane cameriera che lavorava a casa loro.
L’aveva accusata ingiustamente di essere l’amante del maestro, e la ragazza, molto fragile, si era uccisa con il veleno. Da allora il rapporto di Puccini con la moglie non fu più lo stesso, e la sua ricerca di amore al di fuori dal matrimonio appare quasi struggente, amore da ricercare come necessità, come se quell’amore fosse necessario per portare in scena l’amore di altre donne. Quelle donne rese poi immortali, come Butterfly, come Turandot.
Non so perché ci siamo un po’ perduti, io e Lauren. La poesia di quel momento a teatro è stata come inghiottita da un problema, da un altro problema, dal problema di suo figlio... Dovrei chiamarla, dirle che ho visitato la casa di Puccini. Forse anche lei ogni tanto ripensa a quella sera. Il bello non può perdersi nella quotidianità, va conservato.
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