Passa ai contenuti principali

La malattia e i social

Eleonora Giorgi, Il Messaggero
di Marina Zinzani

La precarietà, la malattia, il dirlo: quando questi tre eventi si incontrano, si pongono questioni molto difficili. Il raccontare di sé, del momento complicato che si sta vivendo, della tegola che è caduta in testa, significa molte cose: prima di tutto una trasformazione. Si diventa malati, agli occhi del mondo. Si acquisisce una nuova identità.
Nelle famiglie, ognuno vive questo momento come crede, spesso nella sobrietà, nel silenzio, nella riservatezza. Se il dirlo definisce una nuova persona, la persona del malato di fronte agli altri, il tacere dà l’illusione che tutto vada avanti come sempre, fino a quando questo sarà possibile, evitando sentimentalismi o pietismi che possono essere anche dannosi per l’esito finale della malattia.
Il vivere questo fra gli affetti più stretti protegge, in qualche modo. Si evitano racconti a terze persone e i loro volti rattristati, che non migliorano l’umore e non danno più forza, in un momento in cui la forza è assolutamente necessaria.
Il tempo si definisce in un altro modo, ha un altro valore, quello che si è sprecato in cose inutili, in relazioni che hanno impoverito o deluso, quello che non si è vissuto appieno, perché la vita è una corsa, piena di mille cose da fare, e non si ha tempo per fermarsi e vivere il momento. 
Ora, il problema del rivelare o meno una grave malattia riguarda anche persone note, soprattutto dello spettacolo, ma non solo. Persone che hanno rivelato il loro percorso accidentato: la notizia terribile, le cure, il coraggio, la scelta di condividere questo loro periodo attraverso i social o altri canali di comunicazione.
E così emerge il coraggio di raccontarsi, di mostrare il proprio corpo cambiato, si rivelano le paure profonde, le incognite che spaventano, la precarietà estrema. Si è stupiti dalla forza di queste persone che hanno scelto l’esposizione mediatica in un momento per loro drammatico. Anche se, nei commenti sui social, non tutti comprendono a fondo questo svelarsi più intimo.
E’ difficile dare giudizi su ciò che accade, quando sono in ballo questi temi. Se il personaggio famoso che rivela il suo momento difficile riesce ad aiutare un’altra persona nelle sue condizioni, è un bene. Se il personaggio famoso riesce a trasmettere l’infinita voglia di vivere, ora come non mai, anche in condizioni critiche, e una persona lontana raccoglie una particella benefica di questo e la fa sua, questo è un bene.
Se la condivisione allevia la solitudine, attenua le domande sul perché è successo, e fa sentire meno soli, questo è un bene. Se il personaggio famoso si presenta sorridente, malgrado tutto, riuscendo a trasmettere un messaggio da applicare, il sorriso che contagia, che richiama un altro sorriso, questo è un bene.
Per il resto, di fronte a queste tematiche ci si sente piccoli piccoli, indifesi, e l’ultima cosa da fare è giudicare. Non esistono cattedre da cui erigersi. Resta il valore di ciò che si trasmette, come persone, e quello che si è fatto della propria vita.

Commenti

Post popolari in questo blog

Il braccio della morte e l'amore tossico: storie parallele di redenzione

(Introduzione a Daniela Barone). La pena capitale interroga la morale di ogni società, ponendo domande cruciali sulla sacralità della vita e sul valore della riabilitazione. Ma cosa succede quando il "braccio della morte" si manifesta anche fuori dalle sbarre, negli affetti tossici e nel controllo psicologico? Questa è la storia intensa dell'epistolario tra Daniela Barone e Richie Rossi, un carcerato americano in attesa della sentenza capitale, che intreccia la riflessione sulla pena di morte con una personale battaglia per la libertà. Un racconto toccante sulla dignità, la speranza e la redenzione. Segue:  a.p.  COMMENTO. 1. Rifiuto etico e sacralità della vita (Daniela Barone - TESTIMONIANZA) ▪️ Non so se fu il film “ Dead Man Walking ” o il libro “ La mia vita nel braccio della morte ” di Richie Rossi a farmi riflettere sul tema della pena capitale; tendo a pensare che le vicende del carcerato americano abbiano determinato il mio rifiuto di una pratica che ritengo crud...

📱 Dipendenza da notifiche e paura di restare fuori: perdersi qualcosa è una gioia

(Introduzione ad a.p.). L’iperconnessione asseconda il bisogno di controllo sulle cose e alimenta l’illusione che tutto, sentimenti e informazioni utili, sia davvero a portata di mano. Ma genera ansia e dipendenza. Questo ciclo vizioso è alimentato dalla chimica del nostro stesso cervello. Perché non pensare ad una "disconnessione felice" scoprendo il gusto di una maggiore libertà e della gioia di perdersi qualcosa?

⛵ In balia delle onde, trovare rotta ed equilibrio nel mare della vita

(a.p. – Introduzione a Cristina Podestà) ▪️ La vita è uno “stare in barca”, dipende da noi trovare la rotta e l’equilibrio. E un po’ di serenità: come quando galleggiavamo in un’altra acqua. Nel ventre materno (Cristina Podestà - TESTO) ▪️La metafora del mare e della barca è piuttosto diffusa nella letteratura, a cominciare da Dante in tutte e tre le cantiche e relativamente a variegate sfumature dell'essere: Caronte, l'angelo nocchiero, il secondo canto del Paradiso; non sono che esempi di una molteplice trattazione del tema del mare e della navigazione. Joseph Conrad dice una frase molto suggestiva, che riprende proprio la similitudine della vita: "La nave dormiva, il mare si stendeva lontano, immenso e caliginoso, come l'immagine della vita, con la superficie scintillante e le profondità senza luce". Spesso è proprio cosi: la superficie è bella, solare, scintillante appunto ma, se si va sotto e si guarda bene, c'è il buio più profondo! La barca di Dante...

⏳ Natale e la tirannia del presente: riscoprire l’attesa

(Introduzione ad a.p.). Abbiamo perso il senso del tempo, limitato al presente precario e fugace: occorre riscoprire il valore dell’attesa e della speranza, che hanno un significato religioso ma anche profondamente laico. L’iperconnessione e la continua ricerca di stimoli ci hanno reso schiavi di una visione frammentata, incapace di guardare oltre l'orizzonte immediato. Il Natale, con la sua simbologia, ci offre un antidoto a questa tirannia. • La corruzione del tempo (a.p.) ▪️ Quanti di noi, ogni momento, sono intenti a guardare il proprio cellulare? Immersi nella connessione perenne, con tutti e tutto, e dunque con niente? C’è l’ingordigia di cogliere qualsiasi aspetto della vita corrente, nell’illusione di viverla più intensamente che in ogni altro modo. Un’abbuffata di notizie, video, contatti con chiunque, senza sensi di colpa per questo sperdimento continuo del nostro esistere. Questo è il sintomo di una società dominata dalla "paura di restare fuori" e dalla ricerc...

🎵 Baby Gang e responsabilità: quando sceglievamo l’ultimo LP di Battiato

(Introduzione a Maria Cristina Capitoni). Di fronte agli episodi di cronaca che vedono protagonisti i giovani e le cosiddette "baby gang", la tendenza comune è cercare colpevoli esterni: la scuola, la famiglia, la noia. Ma è davvero solo una questione di mancati insegnamenti? In questo commento, l'autrice ci riporta alla realtà cruda degli anni '80, dimostrando che anche in contesti difficili, tra degrado e tentazioni, esiste sempre uno spazio sacro e inviolabile: quello della scelta individuale. Le inclinazioni dei giovani: gli insegnanti e le scelte dei ragazzi (Maria Cristina Capitoni) ▪️ La criminalità tra i giovani? Ovvero baby gang? Non è solo un problema di insegnamenti. Non c'è bisogno che un professore ti insegni che dar fuoco ad un barbone, massacrare di botte un tuo coetaneo non è cosa buona e giusta. Spesso poi questi "ragazzi" provengono da situazioni agiate, tanto che dichiarano di aver agito per noia. La mia giovinezza, erano gli anni ‘8...