Delinquenza giovanile e responsabilità degli adulti. Però, le nuove
generazioni offrono anche esempi positivi
(Commento a Baby gang, le chiamano, PL, 15/1/18)
(Intervento di Angelo Perrone)
Dire
baby gang sembra quasi una cosa giustificabile e, pertanto, giustificata. Sono
delinquenti piccoli o giovani. L'aggettivo baby è troppo affettuoso per gente
di tal fatta!
I
ragazzini oggi sono senza cuore, aridi testimoni di una società che li vede
sempre più protagonisti nel disinteresse per la loro crescita. Sono anime che
vivono morendo poiché di frequente, verso di loro, si tengono due atteggiamenti
diversi e contrastanti, ma entrambi malati.
O
assistiamo ad adolescenti iperprotetti, con la scansione quotidiana della loro
vita eseguita dagli adulti (lezioni private di tennis, di musica, di matematica
e fisica, lezioni di dizione, incontri con gli amici in bar selezionati, abiti
firmati, frequentazioni rigorosamente elitarie); oppure giovani trasandati,
allo sbando completo, deprivati socialmente e culturalmente, dei quali nessuno
si occupa.
Come
possono crescere bene? Che cosa ci aspettiamo da loro? Sul palcoscenico della
vita vi arrivano in questo modo: simili a comete brillanti ed infuocate, ma con
il ghiaccio dentro.
Si devono pur affermare in qualcosa, dunque scelgono la strada che par loro la più semplice e a portata di mano.
Si devono pur affermare in qualcosa, dunque scelgono la strada che par loro la più semplice e a portata di mano.
Cercano
un appiglio, la fama, seppur effimera, proveniente da un gesto clamoroso,
oppure spasmodicamente si gettano sul denaro che risolverà tutti i problemi,
secondo un loro modo diffuso di pensare. Dunque tutto è facile, anche la
violenza, tutto è consentito in modo superficiale e scanzonato, senza neanche
troppo pensare.
Ci
sarebbe da riflettere bene su chi ha le responsabilità di tutto questo o,
anche, come poter intervenire e porre un rimedio. Una storia lunga e di
difficile comprensione, di cui si parla ormai da tempo: non sembra ci sia
soluzione. Non per ora almeno.
(ap) La violenza tra bande giovanili è l’esito
inevitabile di una vita trascorsa tra l’eccessiva protezione da parte degli
adulti e l’assenza cronica di orientamenti? Certamente esistono responsabilità
sociali e politiche per la fragilità e vanità dell’immaginario collettivo in cui vivono
tanti giovani, soprattutto al sud, che non offre un riparo, un sostegno, un’alternativa
nella crescita durante gli anni cruciali dell’adolescenza e giovinezza.
Inoltre la scarsa consapevolezza (tanti summit
“per capire”) di una patologia che rischia di fare danni devastanti, oltre
quelli già provocati, ritarda i tempi non solo di una soluzione ma persino di
un efficace tentativo di contrasto alla radice di ciò che rende possibile la
sfiducia e il degrado.
Ma anche in questo campo esistono terapie, e inoltre,
in via preventiva, dei vaccini. Servono prevenzione e rimedi, robusti e drastici,
almeno quanto è richiesto dalla gravità della situazione. Partendo però da
un’altra consapevolezza ugualmente fondata e radicata: che il pessimismo non
solo non ci è utile, ma nemmeno può essere la chiave di lettura di tutte le
dinamiche attuali.
Molte cose non vanno, però non è giusto generalizzare.
Accanto a tanti sciagurati irresponsabili tra i genitori (che picchiano gli
insegnanti), tra gli insegnanti (che trescano con le alunne), ci sono adulti,
in ogni campo, che, magari silenziosamente, sanno fare il loro dovere, e
svolgono un ruolo di esempio e di trasmissione di valori presso le nuove
generazioni.
E i nostri centri urbani non sono abitati soltanto da gang,
giovanili o no, che scorrazzano per le strade aggredendo gli inermi. I giovani
sanno offrire anche altro, già lo stanno facendo, con diligenza e coraggio. Devono
solo essere posti nelle condizioni migliori per riuscirci. Onestamente e
fermamente.
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