lunedì 15 gennaio 2018

Baby gang, le chiamano

Aggrediti, picchiati, malmenati, talvolta colpiti a morte, da gruppi di minorenni. Senza motivo. Le chiamano baby gang, scorrazzano nelle nostre città, impunemente, dissennatamente

di Paolo Brondi

La morte sorprende, e sfugge alla conoscenza quando interviene a troncare la vita di un ragazzo, ancora intento a progettare il significato della sua vita. Provoca vertigine, profonda lacerazione e doloroso sentimento dell'instabilità di ogni cosa.
La visione della morte che, in contemporanea e tragicamente, i media trasmettono, penetra profondamente nel nostro sguardo interiore, nella mente, nella già perplessa coscienza dei tanti mali dell'odierna realtà, provocati non solo dalla vita disperata di adulti, ma addirittura da baby gang.
Dall'orrore per il tragico spettacolo dell'Italia smembrata da ricorrenti episodi di criminalità, dalla morte, da crisi non più striscianti, occorre sollevarsi. L'assurdo non avrebbe fine se ci si riducesse all'esperienza amletica dell’impossibilità del nulla, o al commercio delle tante parole e delle vuote promesse.
Occorre colmare il vuoto di senso oggi alquanto diffuso e, in particolare, è urgente sottrarre le giovani generazioni ai pericoli dell'assenza di regole in cui tante innominate responsabilità le hanno precipitate. E sarà esercizio di democrazia, da parte dei politici, riprogettare il risanamento del territorio, del vivere civile, dell'investigazione e prevenzione del crimine, per non ridurre ogni riforma a pura retorica predicazione.

1 commento:

  1. Il problema che a queste annoiate e deboli menti bisognerebbe insegnare la speranza. Solo così eviterebbero di buttarsi via in nome del niente. Eviterebbero di rispondere in automatico ai bisogni della carne, del branco che ci vuole così spietati come la vita gli appare. A loro e anche forse ai genitori.

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