La vita come una prigione buia, quando prevalgono dolore e sofferenza.
Ancora violenza sulle donne. La ricerca
del coraggio
Racconto
di
Marina Zinzani
Lui
urla. Lui mi picchia. Lui se la prende con il bambino. Avvocato, mi aiuti. Piccola
figlia mia, devi avere pazienza, sopporta, ho sopportato tanto io con tuo
padre.
Devi
ritrovare la tua dignità, Aurora, devi riprenderti la tua vita, lo denunci,
come ti ha consigliato l’avvocato, e poi prendi tuo figlio e te ne vai. Io sono
tua amica, ti aiuterò. E poi sei giovane, hai tante opportunità di conoscere un
altro uomo, di rifarti una vita.
L’avvocato,
la madre, l’amica, quante persone parlano, voci nella mente di Aurora. Che
strano nome, un’aurora che non arriva, è una prigione buia la sua vita, ad ogni
passo ci sono sbarre invisibili.
La
scia del dolore appare sconfinata, male che nasce da quello che sembrava il
bene, l’amore trovato. Amore che sembra una pianta rovinata da una malattia
misteriosa, da animaletti invisibili.
La
vita di una donna con cuore pesto che guarda dalla finestra la città di notte,
casa semplice, un bambino a letto, e non sa dove andare. Avevano ragione i miei,
non dovevo stare con lui, non piaceva a mio padre. Ma l’amore rende ciechi, ci
si perde per una parola carina, si annebbiano i pensieri.
Prega,
Aurora, una sera, con le lacrime che bagnano il cuscino. Dorme,
fa uno strano sogno. La mattina, stranamente, sente che non è più sola. Sa
che farà tante cose, che le è venuto un certo coraggio, ora.
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