Scrivere sul web? Non conta solo la concisione. Dovremmo coltivare una forma diversa di “brevità” che regali densità di parole, e essenzialità di concetti
di Angelo Perrone *
Non
più di 2000-3000 caratteri (spazi inclusi), raccomandano gli esperti del
digitale, i maestri della web usability
come Jakob
Nielsen. Questa, la misura ottimale dei testi da pubblicare on line: brevi,
concisi, essenziali. E poi da scrivere secondo regole precise: costruzione a
“piramide rovesciata” (prima le conclusioni, poi lo sviluppo del tema, sempre in
modo asciutto, si intende) e osservanza di molti accorgimenti.
Dal
titolo “ambasciatore”, che colpisca l’immaginazione del lettore e risulti
curioso e memorabile, alla sapiente distribuzione nel testo di parole “chiave”,
magari evidenziate in neretto, che ripetano i passaggi cruciali del discorso e
mantengano viva l’attenzione, all’inserimento ben studiato di immagini o video,
per sottolineare i punti essenziali.
Un
ritmo di parole coinvolgente che attiri il lettore frettoloso, catturi almeno
per un attimo la sua attenzione e gli impedisca di distrarsi. Guai se salta da un
link ad un altro o se abbandona il sito. Le prescrizioni non sono soltanto una
sequenza di utili istruzioni, ma un ammonimento ossessivo per chi voglia
cimentarsi, per diletto o per professione, in questo esercizio.
Il mito
della brevità, della concisione, deve scandire necessariamente la pagina web, il
lettore non ha tempo e voglia di soffermarsi troppo sulle parole, preferisce
scansionare superficialmente il testo, è persino poco propenso a scorrere la
pagina per arrivare alla fine. Solo se trova un appiglio, è indotto a prendere
fiato; dunque inutile dilungarsi, creare testi prolissi, soffermarsi sui
concetti, e argomentare con inopportune digressioni, che fanno perdere il filo e
scoraggiano il lettore. Portarlo per mano, quel lettore, per frasi troppo
lunghe e sino alla fine di un pezzo, è un’impresa titanica, meglio non
affrontarla.
Torre Campatelli, San Gimignano (foto ap) |
La
frammentazione delle informazioni sembra una caratteristica propria del testi
digitali. I contenuti brevi o brevissimi sono connaturati agli sms, alla
messaggistica whatsapp, alle mail, ai tweet. Addirittura questi ultimi, i
“cinguettii”, hanno un limite tecnico, i mitici 140 caratteri (ora raddoppiati
a 280), che ne costituiscono una barriera invalicabile. Ma anche sui blog, sui
siti di informazione, che potrebbero essere svincolati da questa regola, la
raccomandazione è la medesima e raramente i testi superano la soglia consigliata.
Difficile
dire se la brevità sia una caratteristica intrinseca del digitale, connaturata
(ma perché?) alla sua struttura tecnica, oppure soltanto contingente, legata magari
ai problemi di crescita di un settore ancora relativamente giovane. Magari la
costruzione di smartphone con schermi sempre più grandi e una migliore
risoluzione grafica possono facilitare la lettura sul video favorendo quindi la
pubblicazione di testi più lunghi (ma anche qui: perché l’occhio umano dovrebbe
stancarsi a guardare i caratteri sullo schermo più di quanto non accada sulla
carta stampata?). La lettura sul video, con i miglioramenti tecnici, potrebbe
farsi più piacevole e facile.
Eppure
già oggi l’ipotesi di pubblicare testi lunghi, che possono offrire maggiori informazioni
ed essere meglio argomentati, non sembra affatto scoraggiata dai network più
importanti: Google premia nelle sue ricerche i testi oltre almeno i 300
caratteri, se ben costruiti, evidenziandoli a preferenza di altri, e rendendo
possibile così un maggior numero di condivisioni e dunque di diffusione. Anche
il web design si sta dedicando maggiormente a testi più lunghi e scrollabili
invece di quelli frammentati e lapidari. Aprendo dunque le porte ai longform, gli articoli lunghi, diffusi
sui magazine cartacei e molto
apprezzati negli Stati Uniti. Il sito dell’inglese The Guardian dedica sezioni intere alle
“letture lunghe”.
Torre Campatelli, San Gimignano (foto ap) |
Una
inversione di tendenza rispetto all’epoca della sintesi, della stringatezza,
della sommarietà nell’esposizione di un pensiero? Non va trascurato il successo,
nella narrativa, degli ebook. Certo
un mercato ancora molto ristretto (in America è fermo da due-tre anni, ma è ad
una quota del 25% sul totale dell’editoria, rispetto al 10% dell’Italia).
Tuttavia fa notizia che, sul digitale, siano diventati bestseller romanzi come il thriller,
ambientato nell’odierna Londra, La donna di ghiaccio dell’inglese Robert Bryndza, o Matrimonio di convenienza di Felicia
Kingsley, pseudonimo di una giovane e sconosciuta scrittrice italiana.
Testi
con una scelta oculata e azzeccata dei temi trattati (nel primo caso, identità
di genere, migrazioni, invadenza dei social; nel secondo, scalata sociale ed
economica da parte di una giovane truccatrice costretta a sposare un nobile per
mettere le mani su una ricca eredità). Romanzi capaci di sfondare nelle vendite
sul digitale, trascinando il cartaceo, all’incredibile prezzo di 99 centesimi.
Un intreccio di motivi, in quel successo, che mette insieme costo molto basso,
iniziativa editoriale, marketing, rispetto ai quali comunque l’asserita avversione
del web rispetto alla lunghezza delle pubblicazioni sembra contraddetta
clamorosamente.
Torre Campatelli, San Gimignano (foto ap) |
Questione
di forma, la dimensione dei testi, o di contenuti? Un po’ di chiarezza forse
comincia ad esserci: Facebook
per rimanere all’attualità annuncia che privilegerà i post scambiati tra gli
“amici” rispetto a tutti gli altri testi pubblicabili sul sito, come notizie,
informazioni, pubblicità. Una scelta che oltre l’apparenza denuncia l’impossibilità
tecnica, attraverso un semplice algoritmo, di filtrare e bloccare le fake news, e che offre
un’indicazione su un’esigenza precisa: il tema della qualità, non della
quantità, di ciò che si pubblica.
Brevità
e lunghezza sono temi più complessi di quanto non emerga dalle discussioni
sulla forma esteriore della scrittura, e sui mezzi (il digitale o la carta)
usati per realizzarla. Un tema che attraversa nel profondo per esempio il
rapporto tra prosa e poesia, oppure tra racconto e romanzo, tra piccola storia,
apologo, breve corsivo e altro genere letterario come il poema, storico o
narrativo che sia. Contesti diversi certamente, con una specificità di tecniche
e elaborazioni. Ma nei quali la riflessione sulla forma si distingue da quella
sulla sostanza dello scritto.
Scrivere
è una sfida continua nella ricerca della necessaria tensione della mente che
guida la scelta delle parole, l’elaborazione di una trama, l’esposizione di
concetti. Da cogliere ed esprimere, sia in un testo di lungo respiro, che nella
brevità di frasi molto stringate. Trovare la misura di quella tensione, darle voce
e corpo, è cosa che prescinde dal numero delle pagine usate e dalle geometrie
degli schemi prescelti.
Torre Campatelli, San Gimignano (foto ap) |
Non
bastano le regole più acute per dare concretezza al bisogno di espressività e per
raccontare, della vita interiore, la densità ed essenzialità. Asciuttezza e
periodare lungo si confrontano comunque con l’intensità della scrittura, con lo
sforzo di raccordare idee simultanee, emozioni divergenti, pensieri oscillanti,
uscendo dal vortice della confusione e del disorientamento.
Un
tragitto che è umano prima che letterario. Può essere, come il testo, breve o
lungo, ma è sempre la sostanza del frammento che, nella sua asciuttezza, dà
luce e risalto alla pagina e alla storia che si racconta. E’ quella pietruzza
lungamente cercata e poi all’improvviso raccolta, che brilla di propria energia
nel buio e nella nebbia. Così luccicante anche a distanza. Pure, così sfuggente
durante il cammino, perché sembra essere in attesa proprio di te, però a volte ti
ignora e ti respinge, prima di lasciarti senza parole quando ti avvicini e l’ammiri.
La brevità può essere tutto questo e altro, persino una sorta di categoria
dello spirito.
Questione
di spessore della scrittura. E di temperamento dello scrittore e del suo
lettore. Perché attitudini, preferenze, orizzonti mentali sono diversi per ciascuno.
L’alchimia comunque è reciproca. Il lavoro dell’autore è quello di cogliere nella
concisione, comunque articolata, quel particolare che esprime ciò che, per
densità specifica, è così essenziale e pregno di significato nella propria visione
delle cose, mentre l’aspettativa del lettore, o la sua attesa mentre scorre la
pagina, è quella di lasciarsi sorprendere dagli stessi piccoli frammenti
disseminati nel cammino che sta compiendo. Qualche volta rimanendo incantato.
* Leggi anche:
Il web? Non è solo fake news, ma rovesciamo la
“piramide rovesciata”! di Angelo
Perrone,
La Voce di New
York:
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