di
Paolo Brondi
Era
così compreso nel travaglio della sua maligna sorte e nelle sue intime
figurazioni che non si era accorto della presenza accanto a sé di una strana
figura di uomo. Era sopraggiunto in silenzio e si era seduto accanto a lui
tutto immerso nel chiuso dell’Io. Vestito di cenci, capelli tutti arruffati e
lunghi, barba folta e ispida, solo negli occhi, di un blu intenso e profondo,
estremamente mobili e vivi, tradiva questa sua veste di barbone. Cominciò a
parlare, come in un soliloquio, in realtà rivolto all’occasionato compagno di
solitudine, dicendo: “E’ bello tuffarsi nel mare sterminato
dell’avventura umana per abbracciare le onde confuse del fondo... cogliervi il fluttuare
di mille destini ed intesserne poi i disegni nella propria immensa tela....”.
Giorgio alzò il viso e gettò un’occhiata
severa all’intruso, ma quelle parole, così strane, così inconsuete, lo
colpirono. Gli parvero parole di verità e richiamanti la necessità di
attraversare il labirinto delle aporie del mondo per accettare se stessi... per
ritrovare un’immagine di sé più veritiera e accettabile. Era strano pure
il fatto che, nonostante il vestire di cenci e l’incuria dei capelli e della
barba, da quell’uomo non partivano sapori maleodoranti, ma un profumo del tutto
naturale.
D’impeto gli chiese - “Chi sei? Perché sei
vestito così?” E il barbone con un mezzo sorriso, a stento visibile in mezzo a
quella incolta barba, rispose: - “Sono un viandante che un giorno ha smarrito
la strada consueta ed ha scoperto nuovi sentieri e antiche verità… Mi vesto di
stracci per mantenere le membra al cospetto delle leggi dell’esistere… quasi
nudo e tutto povero…”. Giorgio ascoltava quell’uomo con crescente ammirazione, sentendo
crescere l’empatia verso quello strano essere; scoprendo pure che il suo dolore
stava scemando, perché ora veniva richiamato all’esercizio della sua
professione.. E gli disse – “Coperto di stracci, ritrovare l’umiltà e la fatica
degli inizi, credo sia una buona terapia, ma ricominciare da zero questo è il
vero impegno”. E il barbone: - “Il mio non è un ricominciare da zero ma è voce
del destino che invoca là ove ogni tempo è sconvolto”.
- “Che cosa vuoi dire… vuoi forse farmi
capire che ti sei destinato a morire?” .
- “Non domandarmi quello che tu stesso
sai. Seduto qui come sei sul ciglio del fiume sotto l’ombra della morte…”
A quelle parole Giorgio trasalì. Avvertiva
ora tutta la paradossalità di trovarsi in quella situazione e si domandava
affannosamente perché era così regredito. Lui professionista affermato sapeva
che ogni diagnosi era relativa, mai assoluta e che un rimedio a cadute
involutive era sempre rintracciabile attraverso scienza, tecnica e avvedute
ricerche…e disse - “Ti ringrazio per l’aiuto che sento vuoi darmi, ma dimmi
come ti chiami e chi sei veramente”.
- “Non ti sto dando un aiuto, ma mi
stupisce la forza attrattiva di quelle acque che sembrano disporre gli eventi
secondo la casualità dei propri flussi e riflussi. Quanto al mio nome. Un tempo
avevo un nome, ma ora sono soltanto uomo. Chi sono veramente? Sono un individuo
gettato nel mondo. Un mondo che mi ha trascinato in un ritmo frammentato e
irredento del qui e dell’ora e da cui mi sto liberando. Sono come le rondini
che tornano ai propri tetti, anche se abbandonati da tempo, ma non ho più un
tetto…Sono memoria che contiene il passato… tutto il passato, ma conservandolo
lo costituisce come presente e lo rende quindi senza epoca… è bastato un soffio
di vento, come per le foglie d’autunno, a mutare le condizioni. Quel soffio,
visto con occhi diversi, può divenire la forza che gonfia le vele del nostro
vascello, della nostra esistenzialità, ma tempesta e rovina si è fatto per me…”
Giorgio, pur professionalmente scaltrito,
a questo punto non ritenne di approfondire i tormenti e le elucubrazioni del
barbone e decise di fare il punto sulla situazione in cui si era messo
alzandosi e dicendo “Su, alzati pure tu. Vieni con me”. Raggiunse la macchina,
fece salire il barbone accanto a sé e si avviò verso la sua abitazione. Durante
il breve viaggio, mentre Giorgio guidava con rinnovata coscienza, il barbone
stava quieto e si guardava intorno.
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