L’immagine dell’isola può indicare realtà molto diverse: solitudini, ma
anche impegni e svaghi, e attimi di felicità
di
Marina Zinzani
Ci
sono tanti tipi di isole. C’è l’appartamento all’ultimo piano, senza ascensore.
Un anziano sulla sedia a rotelle che non può scendere, relegato in quella
specie di isola che sono le sue mura, isola nel mare di cemento. Ha la moglie
accanto, e quelle poche stanze diventano un mondo colorato, con la sua
presenza.
Cosa si mangia, cosa c’è alla televisione, le mani dell’anziano che accarezzano il gatto raggomitolato sulle ginocchia. La moglie esce per fare la spesa, torna in fretta, gli odori del minestrone inondano la cucina. Sono le undici del mattino, le undici e mezzo. Qualche volta lei gli porta il giornale, e lui legge, legge tutto il giorno.
Cosa si mangia, cosa c’è alla televisione, le mani dell’anziano che accarezzano il gatto raggomitolato sulle ginocchia. La moglie esce per fare la spesa, torna in fretta, gli odori del minestrone inondano la cucina. Sono le undici del mattino, le undici e mezzo. Qualche volta lei gli porta il giornale, e lui legge, legge tutto il giorno.
Non
capiscono i giovani che si separano ai primi problemi, per certi dissapori che
appaiono futili. Loro ne hanno passate tante insieme, si sono sposati poveri,
quando povero significava avere dei debiti e un affitto da pagare. Hanno
cresciuto due figli, un maschio e una femmina, entrambi sposati. Quando la
figlia arriva, dà un bel bacio al padre sulla testa.
Il
gatto ha i suoi ritmi, mangia, dorme, sta sulle ginocchia del padrone e la mano
di lui percorre per ore, delicatamente, quel manto peloso.
Si
vogliono bene da una vita, questa coppia, sono stati sempre abbracciati,
vicini, anche quando il mare era in burrasca e le onde erano alte, alte fino ad
avere paura di morire. Sì, ne hanno passate tante insieme, ricoveri, malattie,
e poi, da anni quella sedia a rotelle che impedisce di uscire, con quella
maledetta casa senza ascensore. Ma era l’unica, a basso prezzo, che si sono
potuti permettere.
Ci
sono tanti tipi di isole. C’è l’isola del manager, che torna a casa la sera. Le
riunioni, gli appuntamenti, le responsabilità hanno un peso che pochi vedono:
per la moglie, per i figli, lui va solo a lavorare. Nessuno si cura del suo
volto invecchiato precocemente, dei mal di testa serali, dei piccoli, continui
problemi di salute. A volte sente un
grande vuoto.
Ma
ha tutto, questo pensano gli altri, i dipendenti, i collaboratori: una bella
casa, una grande auto, e soprattutto una bella moglie, due figli che studiano a
Londra. Una vita tutto sommato facile, così diversa, sembra, da chi si alza
alle cinque del mattino per portare a casa il salario che serve appena per
vivere.
Ma
il manager annega, a volte. Difficile capire. Le solite abitudini di certi
uomini, si può pensare. In fondo basta poco, una telefonata, un impegno che lo fa
stare fuori la sera, ufficialmente.
Quella
giovane che aspetta, si accontenta delle briciole, o forse no. Forse non è
niente. E’ quella che chiamano storia disimpegnata, senza promesse, senza
pretese. Già. Ma quella ragazza gli serve per vivere, isola su cui ripararsi
qualche ora. Una mano delicata che gli porge
un tè, in un ambiente arredato che ricorda le case giapponesi, un buon
profumo di chissà cosa, ore rilassanti a chiacchierare, l’amore ritrovato, per
quanto immorale, o sbagliato.
Ci
sono tanti tipi di isole. C’è la donna che entra in una chiesa, quella che
scopre un mantra e le sembra che, recitandolo, la giornata migliori. C’è il
giovane che ha scoperto l’associazione di volontari che porta il cibo rimasto
dei supermercati ai barboni. C’è chi si isola ascoltando Bach, tempo senza
confini, annullato. Basta questo, per stare meglio.
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