La casa
calda, il caminetto acceso. La serenità, il massimo insperato, dopo
mesi nel gelo
Racconto
di Giovanna Vannini
Gli cadevano gli occhiali dal naso ad Adele, era un continuo riposizionarli, ma
questi inevitabilmente scendevano, fino a cadere in terra, se lei si piegava di
scatto senza reggerli. "Tutta colpa di questa montatura vecchiotta,
vecchiotta quanto me" -Adele sorridendo, si diceva- Le stanghette si erano
allargate e anche la forma dell'occhiale non era più dritta, guardandosi allo
specchio si notava bene.
Unico punto a loro favore: le lenti, infrangibili, sempre della
gradazione giusta per i suoi occhi. “Ne vale la pena Adele, io non ne farei un
paio nuovi, basta rimetterli in forma, ripulirli, le lenti sono buone,
risistemarli non ti costerà mai quanto farli nuovi.” E con questo
consiglio/affermazione dell’amico fraterno e ottico di fiducia, Ernesto, Adele
aveva definitivamente riposto l’idea di mandarli in pensione.
“Domani passo e aspetto che tu li sistemi, Ernesto." Ma quel
domani, non era mai avvenuto.
Per Adele tre stanze, un piccolo appartamento in uno dei paesi vicino al suo, ma miracolato dal sisma, messo con generosità a disposizione da Emma e Franco, due coniugi toscani, che durante una vacanza molti anni prima, s'innamorarono all'unisono di quel paese di alto piano, con le vette a un passo da andarci in un’ora, con le passeggiate da farsi sui crinali, o nella valle, per tempo e chilometri che fiato e gambe, a seconda della giornata, permettevano.
Per Adele tre stanze, un piccolo appartamento in uno dei paesi vicino al suo, ma miracolato dal sisma, messo con generosità a disposizione da Emma e Franco, due coniugi toscani, che durante una vacanza molti anni prima, s'innamorarono all'unisono di quel paese di alto piano, con le vette a un passo da andarci in un’ora, con le passeggiate da farsi sui crinali, o nella valle, per tempo e chilometri che fiato e gambe, a seconda della giornata, permettevano.
Dopo le prime settimane di caos fisico e mentale, di panico che non
mollava, di rassegnazione che non voleva subentrare alla rabbia, Adele aveva
trovato una sola ragione per darsene ancora una: leggere pagine ai suoi
compagni di sventura.
Quando Alessandro, uno dei primi vigili del fuoco presenti in quell’alba
di macerie, l’aveva accompagnata dentro casa perché prendesse, nei pochi minuti
concessi, qualche effetto personale, qualche ricordo, qualcosa che solo per lei
contasse, Adele già sapeva: libri. E non le fu difficile trovarli. Appena
Alessandro, con l’aiuto di un collega, ebbe forzato un poco la porta per
entrare, il pavimento dell’ingresso ne era cosparso. La grande libreria, posta
proprio nella parete davanti alla porta, era venuta giù, tutta intera, con il
suo contenuto. In mezzo a quella disperazione di dimora violata.
Adele non ebbe dubbi, non ebbe ripensamenti, né rimpianti. Delle due
valigie ricevute al campo, una la riempì di libri. Raccolse i migliori, o
almeno quelli che alla prima occhiata così le sembrarono, alcuni li riconobbe
dalla copertina, altri ci soffiò sopra per togliere il grosso della polvere,
altri ancora li raccolse perché questi, a lei, si consegnavano. Il vigile del
fuoco, davanti a quella donna tanto anziana quanto determinata, che senza
proferire parola, senza un attimo di smarrimento, riempiva la valigia di
parole, non provò a dirle che forse avrebbe dovuto, che forse sarebbe stato
meglio se…Con lei si chinò, con lei raccolse.
“Adele, la nonna lettora dei terremotati”, titolarono le pagine dei giornali, con enfasi e ridondanza, scrissero gli articoli. Lei, per quel suo fare con naturalezza fatto, non avrebbe voluto.
“Adele, la nonna lettora dei terremotati”, titolarono le pagine dei giornali, con enfasi e ridondanza, scrissero gli articoli. Lei, per quel suo fare con naturalezza fatto, non avrebbe voluto.
Chi l’ha ascoltata, con lei ha riso, ha pianto, è rimasto con lei dentro quegli
attimi silenziosi che accompagnano la fine di una storia narrata, dentro quel
lasso di tempo che la realtà allontana, che l’immaginario, a volte vitale,
avvicina. Chi ha vissuto Adele per quel tempo che lei gli ha dedicato, tace,
socchiude gli occhi, risente la sua voce: nelle orecchie, nel cuore,
nell’anima.
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