Un incontro dopo tanti anni, nulla come prima
di
Paolo Brondi
Non
l’aveva più incontrata. Erano stati bruciati vent’anni. Ma, un giorno, da un
amico seppe che abitava non lontano da dove lui aveva aperto il suo studio. Era
sposata. Aveva due figli. La sua casa era un rustico trasformato in un’elegante
dimora: la ammirò, fermandosi un poco distante senza scendere dalla macchina.
Si diceva di lasciar perdere le sue nostalgie. Perché rivederla ora, sposa,
madre e chissà come trasformata! Eppure, sperava di vederla uscire da quella
casa. Contava su un incontro casuale.
Infine
decise di telefonarle. Riascoltò la sua voce, gli parve leggera, delicata, non
invecchiata. Si fece riconoscere. “Sono Giorgio, ti ricordi?”. Una pausa e poi
una immensa sorpresa di cui fu carica la risposta. “Giorgio, sei proprio tu!
Certo che potremmo vederci. Vieni a trovarmi qui nella mia casa!” E si
ritrovarono di fronte. Ancora s’immerse nella luce dei suoi occhi, intensa e
maliziosa. Avrebbe voluto scompigliare i suoi capelli riportandoli a quei
riccioli sparsi di allora, ma conservò silente il desiderio.
Al
breve e formale abbraccio iniziale aggiunse l’intensa e struggente memoria
delle minute e flessuose fattezze di allora e si limitò a dirle “Non sei
cambiata !” provocando una bruciante reazione. “E’ vero, non sono cambiata di
fuori, ma dentro, non sono più la Roberta di allora la tua Roberta! Non sono
stata più la stessa da quando mi hai abbandonata per seguire chissà quali tuoi
sogni. Da quando per dimenticare te, o per punirmi di non essere stata tanto
forte da costringerti a me, mi sono decisa a sposare un uomo che non amavo, a
generare figli che amo immaginandoli figli tuoi. Ed ora solo ora ricompari, non
so come, non so perché, ma certo per rinnovare un dramma mai sopito!”.
Rimase
attonito, ma cercò di ricomporsi dicendole: “Tutto scontato, tutto previsto per
schiavi che vivono la non libertà di amare e un poco deludente la tensione di
un incanto faticosamente ritrovato. Ma come il ruscello ha bisogno del fiume
per esistere, così ti auguro, mi auguro, la speranza di giorni migliori per
alimentare le crepe del muro, da cui fare uscire nutrimento e salute per anime
altrimenti appassite.
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