In cima alla montagna, tra
ceppi trasformati in cenere e cocci di terracotta, un incontro
di Giovanna
Vannini
Erano ore che camminavo. Il sentiero si era
mostrato impervio fin dall'inizio della mia avventura ma giunto in cima alla
collina vidi le sagome di alcuni tetti. Un piccolo abitato rurale; il camino
che fuma all'orizzonte, il sole nascente del primo mattino, che aveva iniziato
a risplendere sulle cime marcate e spoglie del massiccio Pratomagno
casentinese. Cosi, decisi di scendere.
La notte era stata dura all'addiaccio e non ne potevo più di quella folle fuga. Arrivai a Contra in Casentino, poco distante dal torrente Archiano e ad accogliermi trovai delle sorelle tutte indaffarate e solari con il prossimo. Mi riposai e fui nutrito.
La notte era stata dura all'addiaccio e non ne potevo più di quella folle fuga. Arrivai a Contra in Casentino, poco distante dal torrente Archiano e ad accogliermi trovai delle sorelle tutte indaffarate e solari con il prossimo. Mi riposai e fui nutrito.
Accanto al tepore dei ceppi che ardevano lenti
nell’immenso caminetto al centro della cucina, mi appisolai; tra i vapori buoni
delle pietanze sul fuoco, e i rumori ovattati provenienti dai pellegrini che
soggiornavano nel convento. Delle tre suore che m’avevano accolto, percepivo il
rumore delle vesti nere strusciare sul vecchio pavimento di cotto consunto. Non
una parola tra loro ma un da farsi continuo e costante in grazia di Dio.
Tornai presente alla stanza dove i ceppi si erano
trasformati in cenere calda, mentre una delle suore, la più giovane,
posizionava con cura sotto di essa, un coccio di terracotta con dentro fagioli
novelli. Con occhi e bocca mi sorrise, e io per non spezzare quel divino
silenzio, feci lo stesso. L’imbrunire del giorno era parecchio avanti e il
tramonto si stava compiendo. Quanto avevo dormito! Solo a quel punto me ne
accorsi.
Avvertii i postumi della scarpinata della notte ma
gli ignorai e, indossato giubbotto e cappello, uscii dal convento. Non era mia
intenzione allontanarmi troppo, un giro breve, un’ennesima immersione in quel
luogo di pace fuori dal tempo. Una donna camminava venendo
nella mia direzione. Non appena i nostri volti furono in grado di conoscersi,
parlò: “Bonjour!” mi disse sorridendo tutta. “Buongiorno a lei” con un rossore che sentivo
incontrollato salirmi dal collo, risposi.
Ogni anno, stesso giorno, stessa stagione, da
trent’anni insieme lì torniamo.
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