Un sibilo, una
pallottola, nella periferia della città: una donna e la paura
di Paolo Brondi
La giovane
donna della spiaggia, Cristina, nel suo monolocale a Siena, continuava a fumare
sigarette e a consumare l’ennesimo caffè, attendendo. Doveva risolvere il suo
problema. Lui, di sicuro, l’avrebbe seguita. Non aveva scampo! Decise infine di
uscire. Indossò camicetta con sopra una maglia pari collo ed un paio di jeans e
così si presentò al bar Nannini per una breve consumazione.
Sembrava una ragazzina e non pochi furono gli sguardi ammirati e vogliosi. Si guardò intorno e scorse in un angolo riposto della sala occhi che la fissavano intensamente. Una corrente di ghiaccio la raggiunse e la fece trasalire: quegli occhi promettevano odio e imminente vendetta.
Sembrava una ragazzina e non pochi furono gli sguardi ammirati e vogliosi. Si guardò intorno e scorse in un angolo riposto della sala occhi che la fissavano intensamente. Una corrente di ghiaccio la raggiunse e la fece trasalire: quegli occhi promettevano odio e imminente vendetta.
Pagò e si
allontanò verso la Piazza del Campo. Si mescolò ai variopinti gruppi di
studenti e di turisti e cercò di calmarsi abbandonandosi ai ritmi della musica soul,
creati da una chitarra sapientemente pizzicata. Ma quegli occhi ancora la
cercavano. Si volse e lo vide! Era lo
stesso uomo che l’aveva fatta fuggire precipitosamente dalla spiaggia:
terribile nel portamento, e rivolto, con occhi brucianti, verso la sua
direzione.
Portava un
montgomery. Nascondeva parte del viso con il bavero rialzato e una sciarpa
tutta avvolta intorno; teneva le mani nascoste nelle ampie tasche di cui una
appariva più rigonfia. Probabilmente lì teneva un revolver. Cristina si sentì
perduta, e cercò disperatamente una via d’uscita. Chiese a un giovane studente,
il più alto e atletico, di accompagnarla. Gli chiese di metterle un braccio
sopra la spalla e con lui, stranito, ma felice e senza riserve per quella
strana richiesta, si avviò verso la piazza degli Armellini.
Raggiunta
la piazza, guidò il giovane verso la propria macchina, lì posteggiata e,
piegandosi di schiena verso la portiera di sinistra, gli chiese di
abbracciarla. Mentre il giovane, sempre più sorpreso, ma stando al gioco,
allargava le braccia e la circondava, lei vide che quell’uomo stava
affacciandosi sul lato estremo della piazza; notò che era un poco claudicante,
quindi capì perché non aveva potuto inseguirla tanto in fretta. Si sciolse
astutamente dall’abbraccio, dette un buffetto di saluto al giovane e balzata in
macchina, sgommando con incalzante stridio, si slanciò in discesa, verso
l’autostrada.
Avvertì un
sibilo e vide infrangersi lo specchietto retrovisore prossimo al posto di
guida: l’uomo le aveva sparato, ma per fortuna la pallottola non era giunta a
segno. Continuò a spingere sull’acceleratore e rapidamente abbandonò la
periferia della città, tuffandosi nella serpentina della superstrada Siena
–Certosa. Guardava spesso attraverso lo specchietto retrovisore, ma nessuno
appariva al suo inseguimento. Doveva decidere che fare. Pensò di riparare
presso l’uomo che sulla spiaggia, sul far del mattino, l’aveva resa sicura come
non mai.
Nicola aveva
preso a esaminare i documenti consegnatigli dalla Cancelleria, quando i morsi
della fame interruppero il suo impegno. Si recò nel suo solito bar, ove, dalle
13.00 alle 14.30, servivano deliziosi tramezzini ed anche primi piatti. Si
sedette comodamente a un tavolo, posto in un quieto angolo della sala interna,
mentre fuori e sulla veranda, il vento continuava a sollevare foglie e a
sibilare fra le tende: girava e rigirava, tornando incessante sui suoi giri.
Si
accontentò di alcune tartine al caviale accompagnate da una coppa di prosecco,
come aperitivo e, con calma, ordinò poi un piatto di farfalle al salmone, un
bicchiere di vino rosso e infine un caffè. Uscì sazio e pensoso di come il
vento poteva schiaffeggiare senza dar nulla perché trasparente e vuoto, simile
al responsabile di un delitto che può colpire in un istante e poi dopo è già
lontano. Si diresse verso casa e, con grande sorpresa, trovò rannicchiata, sui
gradini dell’ingresso principale, la donna della spiaggia! Con impeto si alzò,
guardandolo intensamente e disse.
“Buon giorno", ho ancora urgente bisogno
di aiuto!” “Lei!”? Non pensavo di rivederla così presto! Come ha fatto a
trovarmi? - rispose Nicola - ma è più opportuno credo entrare in casa, mi
racconterà tutto nel mio studio”. Girò la chiave della porta e un terribile
sospetto lo prese: sua abitudine era di dar tre giri di chiave e ora la porta
si aprì dopo un unico giro, né quello era il giorno della donna delle pulizie!
“Qualcuno è entrato in casa –pensò- e forse è ancora qui nascosto!”. Entrò
cauto, facendo cenno alla donna di seguirlo in silenzio. Un improvviso fruscio
la fece trasalire e si appoggiò tremante a lui “Nessuna paura! Questo è il mio
gatto che è balzato sulla sua poltrona preferita!” In casa non c’era nessuno.
Eppure era rimasta la traccia di un passaggio.
Il testo della donna della spiaggia, mi colpisce particolarmente perchè rientra nel genere misterioso, da me prediletto. Incipit in medias res, continua con un pizzico di suspence, chiude con un punto interrogativo. Molto originale, scorrevole e intrigante. Risulta di lettura molto agevole e dispiace che finisca.
RispondiEliminaCristina Podestà