Il 2 giugno ha il significato di un progetto unitario di società. Contro la crisi da Covid-19, è importante ritrovare quello spirito nel solco della Costituzione repubblicana
(Angelo Perrone) Il Covid-19,
quest’anno, ha stravolto anche la festa del 2 giugno. Niente celebrazioni
pubbliche per la nascita della Repubblica e l’elezione dell’assemblea
costituente, dopo il ventennio fascista. Soltanto il volo simbolico delle
Frecce tricolori sulla Capitale a ricordare l’evento, al termine di un tour
iniziato il 25 maggio nei cieli delle principali città italiane.
Le restrizioni impediscono,
con la sfilata dei reparti, la festa che accompagna il ricordo della data. A
parte ciò, sono assorbenti in questo momento le preoccupazioni per la capacità
di ripartenza del paese dopo la più grave crisi sociale, post ricostruzione
dalle macerie della guerra.
Innumerevoli le critiche
alla gestione dell’epidemia, alle misure di contenimento del contagio, da
ultimo alle iniziative per far ripartire l’economia, rivitalizzare la società. C’è
stato un diluvio di decreti, con una sovrapposizione di norme a discapito della
chiarezza, non sempre giustificate dalla necessità di procedere per tappe.
Troppe cose non hanno
funzionato, o sono rimaste a metà. Gli stanziamenti per la cassa integrazione
spesso non sono arrivati ai destinatari. Le banche, nonostante le garanzie dello
Stato, tardano a concedere i prestiti, o addirittura li rifiutano in modo
ingiustificato. I tamponi e le mascherine, a distanza di settimane dall’inizio
della pandemia mancano o non sono previsti, l’app Immuni, destinata al tracciamento dei contagi, è andata persa.
Su tutto, quello che
preoccupa maggiormente è la logica delle misure adottate per far ripartire il
paese. Quel ricorso sistematico a forme di sussidio ed assistenza, pure
indispensabili, a discapito del rilancio dell’economia, del sostegno a
innovazione, crescita, sviluppo. L’intervento sull’emergenza più che sul lungo
periodo.
Proprio il richiamo al 1946 è utile per orientarsi. Si è parlato in questi giorni della
possibilità (o necessità) di un accordo di tutti i partiti per la migliore
gestione della pandemia, si sono praticati (maldestri) tentativi di
consultazione e collaborazione per questo scopo. Sempre con scarso successo, inutilmente.
Sono prevalsi gli schemi della politica di bassa lega. Polemiche di poco conto,
attacchi alle persone, mosse strumentali per acquisire spazio, guadagnare
posizioni, in vista di future manovre. Non per risolvere problemi. Nessuna
visione d’insieme, strategica.
Tutto assai diverso dallo spirito del dopoguerra, quando, indipendentemente
dalle divergenze tra i partiti antifascisti, liberali-cattolici-socialisti-comunisti,
l’intera classe politica ricercò un’intesa sui principi generali che dovevano
valere per tutti. Una visuale oltre gli interessi di parte, le ragioni di
questo o quel partito, le schermaglie tra i gruppi che si contendevano il
potere. Ci sarebbe stato modo in seguito, per ciascuno, di condurre la propria
battaglia.
Il risultato che quegli uomini seppero creare, la
Costituzione, è la base non solo normativa, ma ideale, della Nazione.
Riferimento di tutti, indipendentemente dalle singole opinioni. Un quadro di
valori in cui ognuno può riconoscersi pienamente. Per questo il 2 giugno è
festa nazionale, e non l’occasione per manifestazioni di parte, di qualunque
segno e per qualsiasi motivo. Come quella indetta dai gruppi di centrodestra
per protestare contro governo ed Europa.
Non è un caso se, a questo sistema di regole elaborato dalla
classe politica dell’epoca, si continua a fare riferimento nella situazione
drammatica di oggi. Per esempio, per ribadire l’idea del valore e della
funzione sociale della “sanità pubblica”, presidio fondamentale nell’assistenza
dei cittadini; per definire i limiti delle restrizioni imposte dal contenimento
del virus ai diritti individuali; ancora per riaffermare un modello condiviso
di tessuto sociale.
Le lacune emerse nella politica sanitaria delle regioni o la
contraddittorietà di tante decisioni locali confermano la validità dei principi
generali. La salute dei cittadini non può che essere oggetto di un impegno
organico su tutto il territorio, secondo un modello omogeneo di pratiche
curative ed assistenziali, senza eccezioni o difformità.
Semmai gli aspetti negativi servono a sottolineare che si
dovrà ripensare lo schema di sanità delineato dal titolo quinto della
Costituzione con la riforma del 2001, perché troppo spesso l’autonomia
regionale è andata a discapito delle esigenze del singolo territorio e dell’intera
collettività. L’emergenza Covid ha mostrato i limiti di quell’impostazione.
Ricordare la data del 2 giugno non deve avere un significato
solo commemorativo, senza ricadute sull’attualità. Occorre invece tornare al
dopoguerra per mettere a frutto l’insegnamento della classe dirigente cresciuta
nella Resistenza: lo spirito lungimirante nel modo di affrontare l’uscita dal
disastro bellico.
E’ un esempio da valorizzare, non solo ricordare, oggi che
siamo alle prese con una crisi analoga, in assenza di eventi bellici, ma non
per questo meno cruenta e grave. La concordia di questi tempi non può
prescindere dalla chiarezza circa gli obiettivi da perseguire e gli strumenti
da scegliere.
Serve un’idea forte di società, un progetto organico per
costruire un contesto sociale più progredito, moderno e solidale. Senza questo
slancio ideale, sarà impossibile uscire dall’emergenza e soprattutto farlo in
modo efficace.
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