Il Covid-19 ha portato tristezza e sconforto, e solitudine: un’immagine e delle note, per dare conforto
di Cristina Podestà
Sentivo solitudini, vedevo nebbia
densa che impediva il cammino, capivo il buio presente nel sole, percepivo la
distanza tra gli esseri umani, assaporavo l’amarezza e la noia, mi accorgevo di
un mondo diverso là fuori.
Forse cattivo, forse primordiale, un mondo in cui
ciascuno dà il peggio di sé, in cui si torna al detto mors tua vita mea, alla mera sopravvivenza dell’io in conflitto con
tutto, il mondo primitivo senza Dio e senza morale, dove ciascuno è solo ripiegato
sull’ego peggiore.
Era triste ma reale tutto questo.
Ascoltavo voci che dissentivano sul presente e sul futuro, sulla notte dei
tempi: chi paragonava l’attualità al passato, chi si sorprendeva di non aver
mai conosciuto nulla di terribile come l’oggi. Chiacchiere vuote e fumose,
segnali di un malessere forte che cresceva di giorno in giorno. Polemiche
sterili, gridi nel vuoto, invocazioni di aiuto, richieste assurde: ha colpa
lui. No, no ha colpa l’altro. Se si fosse detto. Se si fosse fatto! Una noia
mortale, un silenzio rotto solo da discordie velate o da risse palesi. Insomma
il caos!
Gli uomini degli anni 2000, quelli
che vantano cultura e ricchezza, spregiudicatezza e saggezza, gli uomini che
conoscono e viaggiano, che insegnano e creano, costruiscono, arricchiscono di
conoscenza erano arrivati a tanto! Tristezza infinita, dolore immenso. Nessuno
più, nessuno mai ci avrebbe confortato.
Poi un video. Arriva un video da
Parma. È il mio amico storico, quello delle serate estive di gioventù e anche
un po’ oltre, quello dei tempi del piano bar, delle prove tra microfoni,
chitarre e amplificatori. Quello che ne ha passate tante, come me, più di me, e
si è sempre rialzato con dignità e coraggio.
È il video di lui sulla terrazza di
casa sua che con chitarra e microfono canta le nostre canzoni. Un moto di gioia
e nostalgia, un senso di appartenenza a quel mondo, un sorriso con lacrima
annessa. Gente dai terrazzi vicini che applaude e sono gli applausi per noi,
che resistiamo e rispettiamo la legge, rendendo le nostre e altrui giornate
meno tese e più leggere. Siamo noi che teniamo duro e continuiamo a vivere, che
sopravviveremo perché lo vogliamo fortemente.
Grazie amico mio carissimo. Grazie
delle tue canzoni. Grazie di esserci ancora, seppur lontano ti sento vicino e
ti voglio bene.
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