Donne, non solo parità di genere e di opportunità. Serve un cambio di prospettiva contro l’ignoranza, l’egoismo, le differenze
di Laura
Maria Di Forti
Le donne sono circa la metà della
popolazione mondiale, eppure questa metà non ha mai goduto, ed ancora oggi non
gode affatto o ne gode solo parzialmente, degli stessi diritti degli uomini.
Perché? Questa domanda ha da sempre afflitto il genere femminile e solo da poco
la sociologia e la psicanalisi hanno tentato di dare una risposta.
Se pensiamo che soltanto nel 1903 sono
nate le Suffragette e che finalmente nel 1977 in Italia una legge ha
riconosciuto parità di trattamento tra uomini e donne, ci accorgiamo subito che
la storia dell’emancipazione femminile è stata lunga e dolorosa.
Questa nobile creatura, un tempo, aveva
solo due possibilità di essere vista, raffigurata, giudicata: o era angelo,
l’angelo del focolare, quale sinonimo di moglie e madre che si dedica
unicamente al bene della propria famiglia e vista quindi quale erede della
figura mariana, o demonio, donna dedita alle arti oscure, figlia del diavolo,
personificazione del male che, con le sue arti seduttrici, novella Eva, poteva
portare l’uomo e l’umanità intera alla condanna eterna.
Questa contrapposizione, che non ha mai
preso in considerazione il potenziale intellettivo delle donne, relegate a
rimanere ignoranti senza alcun diritto alla conoscenza che non fosse l’abilità
del canto o del pianoforte, e solo nelle classi più ambienti, mi ha sempre
fatto pensare alla paura che l’uomo ha provato, nel corso dei secoli e dei
millenni, di fronte all’universo femminile. Perché, credo, l’uomo ha presto
percepito la potenzialità della donna che, unita al fascino naturale che
provoca e al potere seduttivo di cui spesso si è sentito succube, l’ha resa una
potenziale nemica. Per tale ragione l’uomo ha preferito relegarla in un angolo
impedendole di crescere, evolversi, fiorire.
Come l’uomo sia riuscito ad incatenare
nell’ignoranza la donna e farle credere di essere incapace di altro se non di
lavorare duramente come o forse più di lui stesso, non è difficile da capire:
con la forza fisica. Dotato dalla natura di una forza superiore alla donna
nella stragrande maggioranza dei casi, l’ha soggiogata e l’ha convinta di poter
vivere rinchiusa nelle mura domestiche al riparo dagli attacchi delle belve
prima, dei nemici dopo. Preservare, inoltre, la “fattrice” della progenie era
d’altronde imperativo. Nessun uomo ama allevare i figli di altri uomini. La
difesa del territorio era basilare.
In questo modo la donna è stata
emarginata. Eppure, nonostante le difficoltà innumerevoli e il distanziamento
che la separava dall’uomo, ritenuto solo lui degno di progredire
intellettualmente, la donna ha saputo sempre affrontare mille pericoli, ha
lavorato forse più dell’uomo nei campi e a casa, riuscendo persino, talvolta, a
ritagliarsi piccoli spazi dove il sapere, la conoscenza, la
curiosità culturale erano al centro del suo interesse.
La donna ha anche lottato con orgoglio e
spavalderia a fianco dell’uomo o anche contro di lui. Molto spesso ha perso e
ancora oggi contiamo giornalmente le vittime. E invece.
Il mondo non progredisce senza la
collaborazione dei vari componenti che lo formano. Le distinzioni basate sul
colore della pelle, l’appartenenza di genere o la classe sociale, creano solo
piaghe di cui l’intera umanità si rende colpevole. Ci sono paesi in cui la
donna è emarginata al solo ruolo di madre, altri in cui non ha diritti e la sua
vita vale meno di un oggetto, e ci sono paesi in cui i poveri sono visti come
polvere da calpestare, altri, che persino si arrogano il diritto di essere
considerati dei modelli di civiltà del diritto, in cui i neri possono essere
uccisi senza porsi troppe domande.
Ma la domanda è sempre la stessa. Perché?
E la risposta è una sola. Perché non ci mettiamo nei panni degli altri.
Gli uomini dovrebbero mettersi nei panni
delle donne, i bianchi in quelle dei neri e i ricchi in quelle dei poveri. Il
punto di vista cambierebbe all’istante. Mettersi al posto dei più umili, dei
diseredati, dei discriminati. Non è una cosa semplice, per molti è impossibile,
certo, perché l’ignoranza, l’arroganza e l’egoismo sono difetti terribili,
crudeli e assassini. La convinzione di essere dei privilegiati e la volontà di
non cedere una parte dei propri privilegi avuti per diritto di nascita,
condannano l’umanità intera ad un rallentamento della sua evoluzione, e
l’ignoranza, che mantiene ciechi e sordi, altro non è che il cemento con cui
gran parte di esseri umani costringe tutti gli altri a ritenersi indegni
di miglioramento.
Ma non è così. Solo insieme si
progredisce, solo insieme ci si salva. Da cosa? Da tutto, a cominciare
dall’ingiustizia, dalla paura, dalla povertà e anche dalla guerra.
E la donna, madre per natura, essere
accudente e pronta al sacrificio in nome della prole, la donna che è intuitiva,
che ha mille risorse, che è abituata al dolore, che ha dovuto lottare, che
conosce la sopraffazione e l’ingiustizia, la donna che ha il cuore grande, che
sogna e vede al di là della propria personale esigenza, la donna che spera e dà
conforto, chi meglio di lei potrà aiutare l’umanità a migliorarsi? La ricchezza
sta nella mente, nella capacità di spaziare oltre gli orizzonti spesso
ristretti e credersi invincibili, non per la propria forza fisica, ma per il
proprio coraggio morale e la dignità. Di questa, la donna ne ha avuta sempre
tanta.
Ci si salva insieme, tutti,
indistintamente. Le differenze non devono fare paura, le differenze anzi sono
benefiche, come una pioggia che disseta il terreno. Le differenze sono la
ricchezza dell’umanità.
“Le donne sostengono l’altra metà del
cielo” recita un antico proverbio cinese. E allora, uomini, non lasciamole sole
queste donne, non le sviliamo privandole del diritto della parità che compete
ad ogni singolo essere umano. La donna non è solo un corpo da sfruttare ma è
soprattutto una mente da coltivare e rispettare, è un cuore da proteggere e
amare. Come ogni singolo uomo. Senza differenza di genere, così come senza
differenza di colore e di religione, troppe volte usate per iniziare una
guerra.
Insieme, tutti, siamo solo più forti.
Perché rinunciare alla ricchezza? Ricchezza di opinioni, di idee, di sentimenti,
di sogni e di speranza. Dovremmo essere come i poeti, guardare al di là del
nostro piccolo orizzonte, spaziare nel cielo con la capacità di chi sa vedere
in una rosa non le spine, ma il bocciolo colorato e denso di profumo. Dovremmo
essere come i poeti, che sanno vedere un mondo migliore e non perché sono dei
visionari, ma perché hanno una sensibilità che li fa essere bianchi e neri,
ricchi e poveri, uomini e donne.
Nessun commento:
Posta un commento