di Laura Maria Di Forti
Nella Grecia antica l’attore portava una maschera che probabilmente serviva da cassa di risonanza ma che era usata soprattutto per permettere al pubblico di riconoscere subito il tipo di personaggio interpretato, ossia comico, tragico o farsesco. L’attore era chiamato υποκριτές, da cui la parola ipocrita, ovvero colui che recita una parte.
Insomma, l’ipocrita è un attore che finge ciò che non prova nell’animo e nel cuore portando una maschera che illude, adesca e persino lusinga, abbagliando l’interlocutore con gesti e parole false e simulatrici di bugie belle e buone.
L’ipocrisia è pertanto un modo falso di mostrarsi, è l’ostentazione spesso di sentimenti positivi che nascondono malanimo e negatività.
Come scrive bene Pirandello, nella vita si incontrano “tante maschere e pochi volti” e la cosa incredibile è che siamo molto più attratti dagli ipocriti che non da chi, ferendoci, ci mette davanti agli occhi la pura verità.
E siccome, come dice il proverbio, mal comune mezzo gaudio, ognuno di noi è un ipocrita, certo non sempre ma sicuramente qualche volta, anche solo per evitare scontri e risultare più gradevole. Dal parrucchiere, ad esempio, spesso le donne commentano la messa in piega con un “favolosa!” pur essendo pentite di averli tagliati, fatti pettinare con dei boccoli che nemmeno Maria Antonietta avrebbe osato ostentare.
E poi: che caspita, lui che è un professionista avrebbe anche potuto farle assomigliare a Audrey Hepburn ma, e loro ne sono perfettamente consapevoli, meglio nascondere all’uomo con la spazzola tali tortuosi pensieri perché, a buon conto, la prossima volta, se offeso, potrebbe decolorare maldestramente i loro capelli o tagliarli troppo.
Insomma, noi poveri esseri umani siamo portati a fingere, a recitare offrendo di noi un’immagine che non ci appartiene. Siamo abituati a farlo, d’altronde. Carnevale viene una sola volta l’anno ma la maschera della deliziosa damina e del simpatico Arlecchino nascondono occhi invidiosi e ingannatori 365 giorni l’anno.
In definitiva ci nascondiamo un po’ tutti dietro maschere belle e accattivanti, fingiamo di essere, sapere, di possedere e di piacere ma, il più delle volte, siamo degli analfabeti arroganti e neanche troppo belli.
I social ne sono un esempio. Gente che, nascosta dalla maschera dell’anonimato, si permette di criticare, giudicare e magari condannare gli altri senza conoscere il limite della misura. Gli ipocriti che puntano il dito nascondendo la mano sono i peggiori. Chi offende senza mostrarsi è un vigliacco, le sue parole sono beffarde, sprezzanti e sferzanti come scudisciate e possono anche uccidere.
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