(ap) La democrazia non è (solo) una questione di procedure. Come
il diritto, le cui regole non costituiscono un asettico orizzonte di mero
formalismo, ma si propongono di dare concretezza ai principi fondamentali del
vivere civile, secondo le esigenze di uno specifico momento storico.
Un argomento che viene discusso da sempre in tutto il mondo, e che trova eco nelle discussioni accademiche come nelle realtà vissute da ognuno. Le soluzioni, spesso variegate, sono ispirate alle sensibilità, alle ragioni, alle prospettive che emergono, spesso in modo inquietante e lacerante, dai conflitti, dalle discussioni, dai problemi, da quanto accade in ciascun ambiente sociale, nelle relazioni personali, tra le generazioni, nei rapporti con persone provenienti da realtà diverse e lontane.
Un argomento che viene discusso da sempre in tutto il mondo, e che trova eco nelle discussioni accademiche come nelle realtà vissute da ognuno. Le soluzioni, spesso variegate, sono ispirate alle sensibilità, alle ragioni, alle prospettive che emergono, spesso in modo inquietante e lacerante, dai conflitti, dalle discussioni, dai problemi, da quanto accade in ciascun ambiente sociale, nelle relazioni personali, tra le generazioni, nei rapporti con persone provenienti da realtà diverse e lontane.
Il tema scelto dal Festival del diritto di Piacenza
(4 giorni di dibattito dal 25 al 28 settembre, coordinatore scientifico Stefano
Rodotà), “Partecipazione ed esclusione”, riflette in pieno questa problematica
così essenziale quanto dibattuta e controversa. Richiamandosi alle riflessioni
che hanno animato le edizioni precedenti, l’ultima delle quali dedicata, non a
caso, ai dubbi sulle “Incertezze della democrazia”.
Addirittura, questa organizzata a Piacenza, si propone come una
sorta di kermesse, una formula che non deve sembrare impropria rispetto all’ambito
giuridico: animata da discussioni, spettacoli, contributi, con l’intervento,
insieme a quello di esperti, di molti soggetti e di tante realtà associative,
economiche, culturali e scolastiche provenienti dal territorio.
Un’occasione per riflettere insieme su noi stessi, per
interrogarsi su questioni che hanno implicazioni che spaziano, a ben vedere,
dai fenomeni di astensionismo elettorale, a quelli sempre più pervicaci di
marginalità sociale e lavorativa, cruciali per il buon governo di un paese e
per lo sviluppo delle istituzioni.
Sullo sfondo, ed anzi al centro di ogni considerazione, non solo i
meccanismi tecnici finalizzati a favorire la partecipazione, ma l’approfondimento
del nostro rapporto con la diversità in ogni campo, il richiamo alla necessità
non solo dell’integrazione di nuove realtà, ma del recupero, in termini nuovi,
del valore stesso, in una democrazia, del confronto con gli altri, dell’apporto
ineliminabile che può essere dato – nella sua specificità - da ciascuno al bene
comune, per la costruzione di nuovi progetti sociali.
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