Recensione di Pietro Pancamo
Avvicinandosi alla “passione” universale che Dio nutre per
ogni particola del creato (sia essa uomo, animale o luogo geografico), chi
sulla Terra avverta il bisogno d’istruirsi, per acquisire una maggior
consapevolezza, si ritrova sul serio ad amare tutto e tutti: perché si accorge
ben presto che qualunque incontro –con persone, cibi, cose, civiltà, monumenti
(o magari paesaggi al gran completo di flora e fauna)– è un’occasione preziosa
per accrescere il patrimonio delle proprie conoscenze e dunque arricchirsi.
Forse è questo per davvero il messaggio che Luciano Troisio
(globe-trotter di professione, forte di poesie e novelle pubblicate in passato
dalla Marsilio Editori) cerca di propagare mediante l’afflato filosofico del
volume “Nuvole di drago. Otto itinerari asiatici” (ed Il Foglio, Piombino, pp. 228, euro 15), fervido diario di viaggio
in cui –mentre un sinuoso intrecciarsi di toni colloquiali ritrae (con movenze
talora narrative) le tappe salienti di otto itinerari fra, ad esempio,
Thailandia, Cambogia e Cina– la sconfinata, “versatile” e multiforme interezza
del mondo (qui simboleggiata dalle sterminate sfaccettature del continente
asiatico e del suo vasto compenetrarsi di culture) viene descritta per immagini
e visioni ariose, che sembrano quasi progettate per il grande schermo.
In altre parole, se nel 1948 il regista e critico francese
Alexandre Astruc aveva suggerito di usare la macchina da presa a mo’ di penna
stilografica, Troisio –spinto dal desiderio d’imparare e dalla sete di vita
(sete adorante!) che ne consegue– opera il processo opposto, tramutando la
penna in una sorta di obiettivo. O meglio di cinecamera, che nulla si lascia
sfuggire ed anzi –con piglio instancabile– scruta, osserva, inquadra.
A che scopo, però? Dare sfogo a un’ansia di erudizione,
certo, ma anche costituirsi prova scelta e filmica di un teorema ineludibile:
infatti –analogamente a un campo lungo e profondo (di quelli spesso capaci di
mostrare, nel medesimo istante, un insieme eterogeneo e variegato di gesti,
individui e oggetti)– ogni pagina del libro si risolve sistematicamente in un “vorticare”
continuo e disparato di voci, visi e suppellettili che –coinvolgendo per giunta
pagode, templi, scimmie, palme, statue del Buddha, monete d’annata, baguette di
pane, motorette sommarie e sferraglianti, azioni e reazioni– si rivela
espressamente concepito per chiarire (di più: testimoniare) che nella nostra
realtà gli eventi come le situazioni si sviluppano sempre all’unisono
(parallelamente, vale a dire) aggiogando l’esistenza nel suo complesso alla
legge inevitabile della contemporaneità e della complanarità.
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