(ap) Villa Adriana, a
metà strada tra Roma e Tivoli, sui Monti Tiburtini, fu voluta dall’imperatore
romano Adriano (76 – 138 c. C.) come sua residenza imperiale. Poeta, filosofo,
viaggiatore curioso, egli volle coltivare così un suo sogno architettonico,
quello di realizzare una villa che trascendesse il tempo.
Realizzata tra il 117 e il 131 d. C., in tre fasi successive, è
una vera e propria città, estesa su un’area di 300 ettari, nella quale il
grandioso complesso si presenta diviso in nuclei che comprendono principalmente
edifici destinatati ad abitazione, strutture termali, luoghi di incontro e di
riunione.
Una strada di incommensurabile bellezza, con “basoli di lava” come
quella che forma la pavimentazione dell’Appia antica, doveva portare all'attuale
ingresso dell'area; da qui iniziava un percorso caratterizzato da una varietà
architettonica secondo assi diversamente orientati che davano al complesso il
carattere di una composizione aperta sul mondo.
La Historia Augusta riferisce
che, nella sua villa, Adriano aveva voluto riprodurre quei monumenti che
durante i suoi innumerevoli viaggi, specie in Grecia, lo avevano affascinato:
il Pecìle (immensa piazza che imitava
l’agorà di
Atene, centro politico e culturale della città), il Cànopo (costruito a
somiglianza del braccio del
fiume Nilo con il suo estuario), la Piazza d’oro (complesso
culminante con una sala, coperta con una cupola, e circondata da colonne
attraverso cui si potevano intravedere
tutti gli ambienti dell'edificio), Il Teatro marittimo (forse rifugio privatissimo dell’imperatore, senza alcuna somiglianza
con la forma tipica dei teatri), le Terme (le
piccole destinate a ospiti di riguardo e alla famiglia imperiale,
decorate con grande ricchezza e raffinatezza).
Il periodo adrianeo rimane il più importante nella storia
dell'architettura romana. L'apoteosi della “linea
curva” è celebrata in Villa Adriana grazie a virtuosismi tecnici ed all'uso
sapiente del calcestruzzo, del mattone e del tufo che, in questo periodo,
toccano valori di qualità insuperata.
La imponenza
del luogo esprimeva la complessità della personalità di Adriano, la
magnificenza delle costruzioni la sua idea orientalizzante dell'immagine
dell'imperatore nel suo tempo.
Villa Adriana è stata dichiarata nel 1999 patrimonio dell'umanità, con la motivazione: “E’ un capolavoro che riunisce in maniera unica le forme
più alte di espressione delle culture materiali dell'antico mondo
mediterraneo”. Da allora,
l’incuria prolungata dei discendenti non è bastata a scalfire quell’idea di
bellezza. Tuttavia, persino quell’area archeologica, dove i ricordi sono tanto
intensi, è stata aggredita dalla minaccia corruttiva dei tempi moderni, se
qualcuno ha pensato nel 2012 di realizzarvi accanto, appena pochi metri di
distanza, addirittura una discarica di rifiuti.
Publio Elio Traiano Adriano (Publius Ælius Traianus Hadrianus) fu uno dei "buoni imperatori" secondo lo storico Edward Gibbon. Il suo
impero fu caratterizzato da tolleranza,
efficienza e splendore delle arti e della filosofia.
Sin da giovane, Adriano
mostrò grande interesse per la cultura greca restandone profondamente
affascinato ed influenzato nella formazione del proprio pensiero artistico,
filosofico e politico.
Ciò
lo portò ad avere una visione del ruolo di imperatore ispirata ad un’idea di
grandezza dell’animo prima che degli spazi materiali e del potere. Proprio per
questo, decise di erigere questa imponente costruzione, che a tutt'oggi resta
un patrimonio storico molto importante e una testimonianza della grande
capacità dei romani nella costruzione degli edifici.
Poco
prima della morte, e forse consapevole del suo approssimarsi, egli scrisse
versi che cantano la malinconia dell’uomo in quel momento:
Animula vagula blandula,
Hospes comesque corporis
Quae nunc abibis in loca
Pallidula, rigida, nudula,
Nec, ut soles, dabis iocos...
Piccola anima smarrita e soave,
compagna e ospite del corpo,
ora ti appresti a scendere in luoghi
incolori, ardui e spogli,
ove non avrai più gli svaghi consueti...
Marguerite Yourcenar raccontò che aveva inteso,
scrivendo le Memorie di Adriano, ricercare in qualche modo il “grafico di un’esistenza umana”,
complesso e misterioso perché composto da linee sinuose, prolungate
all'infinito, che corrispondono a “ciò
che un uomo ha creduto di essere, a ciò che ha voluto essere, a ciò che è
stato, a ciò che è veramente”.
Cosa fu davvero la vita di Adriano? Forse, soprattutto, una storia di saggezza e di amore, una ricerca costante di un modo
di conciliare felicità e dovere, intelligenza e sentimento, desiderio e
volontà, anche al momento del suo tramonto.
Alla fine, un uomo, nelle sue speranze e nelle sua
delusioni, come noi, vicino a ciascuno di noi, in cui è possibile persino
identificarsi in modo da poter dire, con la scrittrice che ha creduto di
coglierne l’essenza,: "Ogni essere
che ha vissuto l'avventura umana sono io".
Così, riusciamo oggi persino ad intuire la
straordinaria verità delle parole conclusive dei versi dell’imperatore morente:
“Cerchiamo d’entrare nella morte a occhi
aperti".
Sarà un caso che anche il nome di questa affascinante villa inizia con la A? Non credo. Sarà invece "Il destino di chiamarsi A".
RispondiElimina