Il rapporto tra il
disagio sociale e la politica, il solco che attraversa la vita civile
di Marina Zinzani
(Introduzione di Angelo Perrone)
(ap) Malattie, invalidità, le disgrazie che rendono faticosa
e difficile la vita. Itinerari di sofferenza, tra i continui accertamenti
sanitari e il ritorno a casa. Poi c’è il vissuto quotidiano, con le rinunce, le
privazioni, lo sconforto. Il confronto con l’insensibilità sociale e comunque
con gli inciampi burocratici spesso sembrano insuperabili. Le pensioni e le
indennità sono risibili, insufficienti per affrontare le giornate, e talvolta
pure difficili da ottenere: sarà vera o pretestuosa quella malattia; ci sono
tanti imbroglioni, dov’è dunque l’inganno?
La pena di tanti e il disagio quotidiano di ciascuno
gonfiano la vertigine inarrestabile della disperazione. La risposta della
politica appare deludente, sconta il solco profondo delle incomprensioni, della
distanza tra la realtà e il passo delle decisioni, dell’autoreferenzialità di
quel mondo rispetto alla realtà.
E’ uno specchio che non riflette più, o non abbastanza,
l’autenticità delle esigenze sociali, che ci appare irrimediabilmente lontano,
quando non rivolto alla cura di interessi propri piuttosto che di quelli della
comunità che dovrebbe rappresentare.
Il paradosso intriso di sarcasmo, che ispira, in questo
racconto, l’immaginaria lettura di casi reali da parte di un politico
qualsiasi, potrebbe allora cogliere nel segno, e non essere troppo lontano
dalla verità. La più triste e sconsolante. Alla quale non riusciamo ad
adeguarci.
“Vivo
con la pensione di mia madre, e una pensione di invalidità. Ho una malattia che
non guarisce, può solo peggiorare.
L’Inps mi chiama per le visite, per vedere se sono guarito. No, non sono
guarito. Sono peggiorato. La mia piccola pensione non è aumentata. Devo pagarmi delle medicine, oltretutto, e
quelle c’entrano con la malattia ma per lo Stato non c’entrano. E’ una cosa un
po’ complicata. Così ho anche questa spesa.”
“Mi
hanno amputato una gamba, un incidente, anni fa. Mi hanno messo una protesi, e
percepisco una pensione di invalidità. Mia moglie ha perso il lavoro e abbiamo
un figlio da crescere. L’Inps mi chiama per la pensione. La gamba non ricresce,
è ovvio. La pensione non me la tolgono, posso star tranquillo. Ma è piccola per
viverci in tre, e mia moglie, poveretta, fa i salti mortali per far quadrare i
conti. I discount, gli sconti, spegnere la luce, non sprecare l’acqua: questa è
la nostra vita. “
“Mi
hanno diagnosticato una malattia grave. Sono invalida. Mi è stata riconosciuta
la pensione di invalidità, è già qualcosa. Perché ormai la danno solo se sei
messo veramente male. E’ bassa per vivere. Molto bassa. Non ci sono soldi.
Questo è il punto. Non si capisce perché ci arrovelliamo tanto, ci lamentiamo
se non ci sono soldi per noi. Ci
lamentiamo e non capiamo. Non ci sono soldi. Per noi. Per altri sì. Per loro
sì. Io non saprei come spenderli, 90.000
euro al mese.”
L’onorevole,
sapendo che le elezioni erano vicine, si respiravano nell’aria, aveva il tablet
in mano e stava dando un’occhiata ad un forum che parlava di pensioni di
invalidità. Era al ristorante e aveva appena mangiato. E anche bene.
“Certo
che questi se la passano proprio male – pensò. - Saranno tanti, quelli che hanno queste
pensioni di invalidità. Qualche voto me lo potranno portare. Dunque, una bella
intervista, proprio sotto le elezioni.
Che dico? “E’ uno schifo che la gente viva con 300 euro al mese e si
deve pur pagare le medicine che gli sono necessarie! Bisogna aumentarle, dare
il minimo per una vita dignitosa a queste persone, che sono già penalizzate
dalla loro salute!”
Potrebbe
andare? Un bello spot. Mi presento in tutti i programmi e lo dico ai quattro
venti: “E’ indecente che ci siano le pensioni d’oro e gente che non ha di che
vivere!”
Quanto
aumentare? Diciamo 50 euro al mese? Quante cose si possono comprare con 50
euro? Della pasta, del pane, del latte, ci scappa anche un cinema al mese. Beh,
è sempre qualcosa. Però non lo diciamo quanto potrebbe essere l’aumento, è
meglio tenersi vaghi”.
L’onorevole,
soddisfatto, uscì dalla pagina del forum. Lo stavano chiamando al cellulare.
Intanto arrivò il cameriere e gli presentò il conto. 80 euro netti. Un po’ caro
quel ristorante, ma si mangiava così bene.
„«Signor Presidente della Commissione Europea, so che in Italia La chiamano Mortadella. E di ciò mi dolgo per la mortadella che è uno squisito e nobile insaccato di cui andar fieri, non certo per Lei che in me suscita disistima fin dal 1978. Ossia dall'anno in cui partecipò a quella seduta spiritica per chiedere alle anime del Purgatorio dove i brigatisti nascondessero il rapito Aldo Moro e attraverso il gioco del piattino un'anima ben informata rispose che lo nascondevano in un posto chiamato Gradolí. Non mi parve serio, Monsieur. Meglio: non mi parve rispettoso, pietoso, umano, nei riguardi di Moro che stava per essere ucciso. Quando poi si scoprì che lo avevan nascosto nel covo d'una strada chiamata per l'appunto via Gradolí fui colta da uno strano disagio. E supplicai il Padreterno di tenerLa lontana dalla politica. [... ]“
RispondiElimina(Oriana Fallaci)