L’illusione di sapere tutto, il rischio dello smarrimento di sé
di
Paolo Brondi
Celebre,
e ancora sorprendente, è l’antico enigma della Sfinge: “Qual è l’essere che ha un’unica
voce e talvolta ha due piedi, talvolta tre, talvolta quattro, e tanto più è debole
quanto più numerosi sono i suoi piedi”?
La
prima risposta si deve al mitico Edipo: “L’uomo”! Una risposta che introduce un
nuovo enigma, ancora più difficile, sulla natura dell’uomo, capace di passare dall’animalità
del quadrupede alla protesi (il bastone del vecchio), conservando per sempre
una sola voce.
Dopo
la risposta di Edipo, la Sfinge precipita nel baratro. Eppure, Edipo non tocca il
mostro, lo guarda, gli parla. E’ la parola che può vincere là dove fallisce
ogni altra arma. Ma rimane nuda e solitaria dopo la sua vittoria, poiché è del
tutto priva del contatto con le cose. Da Edipo in poi è questo il destino della
dialettica fra conoscenza della verità e desiderio di un’appropriazione
totalizzante dei vari contenuti.
Fra
tutte le sue colpe, la colpa più grave di Edipo non è quella del problema con
il padre o quella dell’incesto, ma della sua insaziabile volontà di un sapere
assoluto. E’ una colpa ereditata dalla stessa cultura moderna e contemporanea:
l’autoannullamento nel tentativo di un’appropriazione totalizzante degli oggetti:
evoca il pericolo insito nel mito della conoscenza assoluta che pervade la
psicologia infantile, ma, purtroppo, si mantiene viva anche in quella adulta e
orienta scelte frequentemente disastrose.
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