Passa ai contenuti principali

Prima di uscire di scena

Il massimo ribasso nella giustizia, e non è solo questione di soldi: quando il risparmio sulla pelle degli altri danneggia anche il servizio

di Janeta Nicoara

Oggi ero regolarmente al mio posto di lavoro. A trascrivere forse la mia penultima udienza in diretta, domani sarà l’ultima, con questo contratto. Sono entrata nel Tribunale di Livorno con un una certa nostalgia, mista a rabbia. Avessi fatto male il mio lavoro, lo capirei; fossi stata contestata in questi anni per piccole o grandi inadempienze, avessero trovato gente migliore di me, lo accetterei. Ma uscire così di scena mi dà solo tristezza e delusione. 
Sono stenotipista dal 1989, anche da prima che fosse indetta la sperimentazione ministeriale (alla quale pure ho partecipato e che ha portato all’adozione del sistema di trascrizione in diretta dei processi penali con sistemi elettronici). In questo lavoro, come tutti sanno, si può solo migliorare e chi ha una certa esperienza in questo settore sa di cosa parlo. Malgrado questo e diversamente da altre categorie di lavoratori noi siamo stati sempre trattati al “massimo ribasso” dal Ministero della Giustizia.
Non ci siamo mai ribellati, non abbiamo fatto nessuna battaglia, nessuno sciopero per ottenere miglioramenti o almeno per mantenere le condizioni economiche attuali, e questo solo per restare fedeli ad un contratto che abbiamo firmato e per senso di responsabilità.
Non potevamo interrompere un servizio pubblico delicato come questo. Avremmo dovuto farlo?
Noi stenotipisti siamo una categoria che non ha un albo, non siamo riconosciuti, non siamo nessuno in fase contrattuale. È per questo che il Ministero continua a indire gare al massimo ribasso come se fossimo manovali di ditte di costruzioni o personale di ditte di pulizie. Però è anche molto esigente: continua a pretendere tempi di consegna sempre più stringati, tecnologie avanzate, imponendo penali più elevate con sempre meno soldi, senza considerare che per noi il massimo ribasso non significa risparmiare sul “sapone” oppure sul “calcestruzzo”, ma significa risparmiare sulla nostra pelle, il  nostro tempo, sulla nostra vita e sulla nostra salute!
Un esempio? Ciclat mi ha proposto 600,00 euro al mese, come se fossi meno di una donna delle pulizie, dopo una vita di lavoro in questo settore e pretendendo di sapere cosa sia eseguire bene il servizio. Purtroppo alcuni con leggerezza hanno accettato di correre questa avventura.
Questa cooperativa ha preso l’appalto per guadagnarci, mica per migliorare il servizio o per trattare bene il proprio personale. Non ha idea di cosa significhi gestire bene l’attività e di quale personale ci sia bisogno, altrimenti non avrebbe fatto certe proposte e non annasperebbe adesso per cercare a destra e a manca personale senza una minima esperienza nemmeno per registrare in aula! 
In questo momento dobbiamo lottare, più di tutto, per tutela la nostra professionalità.
E comunque rimangono alcune domande alle quali finora non si è data risposta: come è stato possibile che si attribuisse lo stesso punteggio in bravura, capacità tecnica e specializzazione alle due società partecipanti alla gara? Chi sono, e quanti sono, i professionisti su cui Ciclat poteva contare? Perché si è dato per scontato che tutti passassero, con la testa china, dall’altra parte, pur abbassandosi i prezzi del 30%?
Fare lo stenotipista non è come passare una scopa per terra e comunque, a sentire le proteste contro Ciclat, sembra che nemmeno in questo siano bravi.

Commenti

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Il braccio della morte e l'amore tossico: storie parallele di redenzione

(Introduzione a Daniela Barone). La pena capitale interroga la morale di ogni società, ponendo domande cruciali sulla sacralità della vita e sul valore della riabilitazione. Ma cosa succede quando il "braccio della morte" si manifesta anche fuori dalle sbarre, negli affetti tossici e nel controllo psicologico? Questa è la storia intensa dell'epistolario tra Daniela Barone e Richie Rossi, un carcerato americano in attesa della sentenza capitale, che intreccia la riflessione sulla pena di morte con una personale battaglia per la libertà. Un racconto toccante sulla dignità, la speranza e la redenzione. Segue:  a.p.  COMMENTO. 1. Rifiuto etico e sacralità della vita (Daniela Barone - TESTIMONIANZA) ▪️ Non so se fu il film “ Dead Man Walking ” o il libro “ La mia vita nel braccio della morte ” di Richie Rossi a farmi riflettere sul tema della pena capitale; tendo a pensare che le vicende del carcerato americano abbiano determinato il mio rifiuto di una pratica che ritengo crud...

📱 Dipendenza da notifiche e paura di restare fuori: perdersi qualcosa è una gioia

(Introduzione ad a.p.). L’iperconnessione asseconda il bisogno di controllo sulle cose e alimenta l’illusione che tutto, sentimenti e informazioni utili, sia davvero a portata di mano. Ma genera ansia e dipendenza. Questo ciclo vizioso è alimentato dalla chimica del nostro stesso cervello. Perché non pensare ad una "disconnessione felice" scoprendo il gusto di una maggiore libertà e della gioia di perdersi qualcosa?

⛵ In balia delle onde, trovare rotta ed equilibrio nel mare della vita

(a.p. – Introduzione a Cristina Podestà) ▪️ La vita è uno “stare in barca”, dipende da noi trovare la rotta e l’equilibrio. E un po’ di serenità: come quando galleggiavamo in un’altra acqua. Nel ventre materno (Cristina Podestà - TESTO) ▪️La metafora del mare e della barca è piuttosto diffusa nella letteratura, a cominciare da Dante in tutte e tre le cantiche e relativamente a variegate sfumature dell'essere: Caronte, l'angelo nocchiero, il secondo canto del Paradiso; non sono che esempi di una molteplice trattazione del tema del mare e della navigazione. Joseph Conrad dice una frase molto suggestiva, che riprende proprio la similitudine della vita: "La nave dormiva, il mare si stendeva lontano, immenso e caliginoso, come l'immagine della vita, con la superficie scintillante e le profondità senza luce". Spesso è proprio cosi: la superficie è bella, solare, scintillante appunto ma, se si va sotto e si guarda bene, c'è il buio più profondo! La barca di Dante...

⏳ Natale e la tirannia del presente: riscoprire l’attesa

(Introduzione ad a.p.). Abbiamo perso il senso del tempo, limitato al presente precario e fugace: occorre riscoprire il valore dell’attesa e della speranza, che hanno un significato religioso ma anche profondamente laico. L’iperconnessione e la continua ricerca di stimoli ci hanno reso schiavi di una visione frammentata, incapace di guardare oltre l'orizzonte immediato. Il Natale, con la sua simbologia, ci offre un antidoto a questa tirannia. • La corruzione del tempo (a.p.) ▪️ Quanti di noi, ogni momento, sono intenti a guardare il proprio cellulare? Immersi nella connessione perenne, con tutti e tutto, e dunque con niente? C’è l’ingordigia di cogliere qualsiasi aspetto della vita corrente, nell’illusione di viverla più intensamente che in ogni altro modo. Un’abbuffata di notizie, video, contatti con chiunque, senza sensi di colpa per questo sperdimento continuo del nostro esistere. Questo è il sintomo di una società dominata dalla "paura di restare fuori" e dalla ricerc...

🎵 Baby Gang e responsabilità: quando sceglievamo l’ultimo LP di Battiato

(Introduzione a Maria Cristina Capitoni). Di fronte agli episodi di cronaca che vedono protagonisti i giovani e le cosiddette "baby gang", la tendenza comune è cercare colpevoli esterni: la scuola, la famiglia, la noia. Ma è davvero solo una questione di mancati insegnamenti? In questo commento, l'autrice ci riporta alla realtà cruda degli anni '80, dimostrando che anche in contesti difficili, tra degrado e tentazioni, esiste sempre uno spazio sacro e inviolabile: quello della scelta individuale. Le inclinazioni dei giovani: gli insegnanti e le scelte dei ragazzi (Maria Cristina Capitoni) ▪️ La criminalità tra i giovani? Ovvero baby gang? Non è solo un problema di insegnamenti. Non c'è bisogno che un professore ti insegni che dar fuoco ad un barbone, massacrare di botte un tuo coetaneo non è cosa buona e giusta. Spesso poi questi "ragazzi" provengono da situazioni agiate, tanto che dichiarano di aver agito per noia. La mia giovinezza, erano gli anni ‘8...