Luigi de
Filippo e l’amore innato per il teatro
di Giovanna
Vannini
Se ne è andato anche Luigi De Filippo. Con Peppino, suo padre, erano considerati "i
minori" della dinastia. E' innegabile che la grandezza di Eduardo li abbia
offuscati, come sono innegabili e documentati, basta leggere le tante biografie
o riascoltare le varie interviste rilasciate, i contrasti che tra loro ci
furono.
Luigi De Filippo camminava a mala pena e si avvaleva spesso dell'appoggio di una sedia,
per continuare comunque con passione e dignità a lasciare il suo segno sul
palco.
Al teatro La Pergola di Firenze, alla fine della rappresentazione di Natale
a casa Cupiello, mentre tutta la compagnia era schierata sul proscenio a
ricevere gli applausi del pubblico, Luigi De Filippo prese la parola. Si scusò
della necessità di doversi di nuovo sedere, e, come si fa tra amici, iniziò a
raccontare di sé, del teatro, dell'amore incondizionato verso quest'arte
nobile, che a nessuna altra si può paragonare.
Parole semplici quelle di Luigi, parole nate dal profondo, che con
profondità e leggerezza, vennero accolte dal pubblico, quasi meravigliato da
quell'inaspettato momento di confidenza. Era domenica pomeriggio, ultimo giorno
di repliche.
Quei dieci, forse quindici minuti, di condivise chiacchiere, mi
commossero, mi abbracciarono.
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