Il ripristino della Storia come
materia della maturità 2020 è il risultato di una battaglia culturale condivisa: il sapere critico è un “bene comune”,
fondamento del vivere civile e della scuola, come istituzione formativa
(ap *) La Storia è di nuovo argomento della prima prova di
Italiano agli esami di
maturità del giugno 2020. Dopo un anno di assenza (era stata abolita dal
precedente ministro leghista dell’Istruzione, Bussetti), si cambia rotta, e
anche la traccia storica sarà proposta agli studenti. Un ripensamento doveroso,
e indispensabile, il cui significato va oltre i problemi organizzativi degli
studi scolastici.
Non è l’unica novità perché
verrà pure eliminato il “sorteggio delle buste”, contenenti le prime domande orali
da porre ai candidati. «Un inutile stress per gli studenti, la sensazione che
l’esame sia una lotteria”, ha spiegato il ministro 5 Stelle in carica,
Fioramonti, dimenticando che forse sono ancor più stressanti le continue
modifiche normative, a cui nessun politico sembra voglia sottrarsi appena
nominato all’Istruzione. Troppo forte la tentazione di lasciare così un segno,
magari indelebile, nell’organizzazione degli studi di secondo grado.
Stavolta però, a parte le
ambizioni personali, il ripristino della Storia, come materia di esame, è il
risultato di una battaglia culturale che ha unito studiosi, esponenti politici,
comuni cittadini. Una vittoria significativa che è di tutti, non solo degli
accademici. L’appello a difesa dell’insegnamento della Storia (pubblicato a suo tempo su Repubblica), dello storico Andrea Giardina, raccolto dalla
senatrice a vita Liliana Segre e dallo scrittore Andrea Camilleri, ha avuto un’adesione
massiccia.
Le ragioni a sostegno dell’insegnamento
della Storia sono tante, e riguardano tutti i paesi, non solo l’Italia. E’ una
percezione diffusa ovunque, in primo luogo l’Europa e l’America di Donald Trump.
Innumerevoli sono i guasti provocati dal cattivo o inesistente studio della
Storia, in specie di quella del ‘900: con le sue guerre mondiali, i genocidi,
la Shoah, i campi di sterminio nazisti, i lager comunisti sovietici, e tanto
altro.
Un elenco di eventi, lunghissimo
e drammatico. Vicende spesso trascurate, oppure oggetto di interpretazioni
fuorvianti: di troppe si è smarrito il significato per le nuove generazioni. Non
si spiegherebbe diversamente un’epoca come questa, pervasa da amnesie, revisionismi,
falsità.
Ecco allora i silenzi o i
travisamenti su grandi tragedie, come la Shoah, di cui dovrebbe essere viva e
indiscutibile la memoria. I giudizi distorti su eventi sanguinosi e drammatici.
La negazione di fatti documentati. E poi la recrudescenza dell’antisemitismo e la
diffusione delle discriminazioni, che trovano spazio crescente tra le forze
politiche. Nell’era post-ideologica, si resuscitano in realtà ideologie funeste
oppure si esaltano i poteri taumaturgici dell’ignoranza.
Ancora, i compiaciuti linguaggi
estremisti, fatti propri dal sovranismo e dal populismo di casa nostra e
all’estero. Un clima sociale fortemente discriminatorio nei confronti degli
“altri”, sino a gesti di intolleranza e violenza.
Un’esaltazione della logica
dei muri, per proteggersi non solo da quanti vorrebbero venire, ma da chiunque,
già qui, sia estraneo al nostro orizzonte mentale o espressione di modelli diversi
di vita quotidiana; e per questo un pericolo. Così sul web si scatenano insulti feroci e minacce
mortali verso una donna come la Segre, sopravvissuta allo sterminio, colpevole solo di essere ebrea, ed ora, a
90 anni, costretta a girare con la scorta.
Fenomeni certamente diversi ma
con un denominatore comune. C’è l’ignoranza del proprio passato: sono maturati
nelle società contemporanee sentimenti di rifiuto delle conoscenze. E’ possibile
negare fatti conclamati, costruire contro-storie fantasiose, distorcere fatti
oggettivi. La realtà contro la sua manipolazione, i fatti contro le fake news.
La terra dunque è piatta e i vaccini sono uno strumento perverso di
speculazione economica.
Ma soffocare la Storia che
ci ha formati come individui e comunità, ignorarla o disprezzarla, significa,
come sta avvenendo, entrare in un mondo fittizio ed irreale. Alla fine smarrire
noi stessi e la nostra capacità di agire. Infatti non possediamo più un
pensiero per orientarci, non troviamo le parole per decidere il da farsi, si
diffonde il senso di impotenza di fronte all’immensità dei problemi globali.
Rimaniamo a bocca aperta davanti alle iniziative di Greta Thunberg nel mondo o
alle mobilitazioni di piazza delle giovani “sardine” italiane.
Eppure il paradosso è che
proprio la gravità dei segnali di declino rende più evidente il bisogno di
studio e di approfondimento della realtà, come esigenza primaria di tutti e non
solo di pochi esperti.
La Storia non è una
disciplina che interessi pochi studiosi, né residuale rispetto ad altre più
moderne ed utili, ma un bene comune, elemento centrale della vita culturale, e dunque
politica, di un paese.
E’ sinonimo di conoscenza,
in primo luogo del passato, con le sue luci ed ombre, gli errori commessi, le
conquiste realizzate, i tanti obiettivi da raggiungere. Necessariamente
critico, valutativo delle esperienze, insegna il linguaggio mentale del dialogo
e del confronto con idee diverse. E’ perciò il fondamento del vivere civile, e
dunque della scuola come istituzione formativa.
* Leggi anche La Voce di New York:
La Storia sui banchi di scuola: perché è una vittoria per tutti
Dal giugno 2020, la Storia rientrerà nelle tracce della prima prova degli esami di maturità, risultato di una vera e propria battaglia culturale
* Leggi anche La Voce di New York:
La Storia sui banchi di scuola: perché è una vittoria per tutti
Dal giugno 2020, la Storia rientrerà nelle tracce della prima prova degli esami di maturità, risultato di una vera e propria battaglia culturale
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