Vietnam. Ho Chi Minh City, la
vecchia Saigon, sta affrontando una complicata transizione. Dall’arretratezza
del passato al benessere della società moderna. Stridente il contrasto tra antico e moderno, povertà e ricchezza
di Laura
Maria Di Forti
Ho Chi Minh City è la
città più popolosa e più produttiva del Vietnam e, rispetto ad Hanoi, più
moderna, meno legata alle tradizioni e molto più alla moda.
Dall’aereo, qualche
minuto prima dell’atterraggio, si vede una distesa immensa di case basse e
piccole. Sono le propaggini, le frange esterne della città. Poi, quando si
scende dall’aereo e si percorre il tragitto per arrivare ai taxi, si vedono le
giovani hostess nel loro elegante costume tradizionale, l’Ao dai (si pronuncia
Ao sai), una tunica di seta aperta sui fianchi e portata sopra i pantaloni, che
bene si adatta alla figura minuta e snella delle donne vietnamite.
Il tragitto
dall’aeroporto al centro dura circa venti minuti e si è finalmente pronti a
scoprire una città molto grande, con alberi bellissimi a noi inusuali, e piena
di contraddizioni: accanto a grattacieli altissimi e a Hotel di gran lusso, si
vedono per le strade i fili elettrici intrecciati a tre metri di altezza.
Vecchio e nuovo convivono, segno che in troppo poco tempo si è passati da una
civiltà rurale ad internet.
Per le strade ci sono
ancora i venditori ambulanti di frutta, succhi dissetanti, cocco e specialità
locali che costituiscono il pasto quotidiano dei tanti lavoratori che partono
la mattina per i luoghi di lavoro, pasto che consumeranno per strada, seduti su
minuscole, bassissime sedie molto simili a quelle che vengono utilizzate dai
nostri bambini negli asili. Molti preferiscono invece accovacciarsi sulle
proprie gambe, come da tradizione.
Queste bancarelle
variopinte, ricche di frutti esotici e di dolci profumatissimi preparati e
fritti in strada, costituiscono un vero e proprio patrimonio folcloristico del
Vietnam del sud.
Sui marciapiedi si
trovano anche i barbieri che appendono un piccolo specchio su un muro e fanno
sedere il cliente su una sedia pieghevole. Un vero negozio di fortuna il cui
arredamento viene giornalmente portato sui marciapiedi sopra una bicicletta.
Per strada si trovano anche i calzolai che offrono il loro servizio ai
passanti. Tutti questi lavoratori sono ancora capaci di grandi sacrifici, così
come noi europei fino agli anni cinquanta del secolo scorso. Cento metri più
avanti, negozi lussuosi con articoli delle più grandi case di moda italiane e
francesi, segno che antico e moderno, povertà e boom economico, coabitano senza
drammi.
La città si sveglia
molto presto e già prima delle sei del mattino un vero esercito di scooter
assalta le vie cittadine e i marciapiedi usati, questi, per evitare il traffico e ancor più per
percorrere i sensi unici al contrario. Si potrebbe dire che le moto sono le
vere protagoniste delle strade e per i passanti camminare sui marciapiedi è
un’impresa dura: devono ricordare che i motociclisti vi sfrecciano impunemente.
Gli impiegati di più
alto livello guidano invece auto di grossa cilindrata, gli stranieri salgono
sui taxi, numerosi e a buon prezzo. Ma questi eserciti di scooter che
percorrono giornalmente le vie cittadine rappresentano un vero e proprio
spettacolo. Soprattutto la mattina e la sera la città è letteralmente invasa
dai motociclisti che vanno o tornano dal lavoro, sfidando anche le piogge
armati di impermeabili. Sulle moto riescono a viaggiare intere famiglie, padre,
madre, anche due bambini. Inoltre sulle moto gli abitanti di Ho Chi Minh City
trasportano di tutto, anche merce ingombrante perché altri mezzi, come i
piccoli furgoni a tre ruote, sono qui inesistenti.
Il centro della città
gira intorno alla City Hall, ossia il Municipio, all’Opera House, alla
Cattedrale Notre Dame e all’Ufficio Postale, tutti in perfetto stile coloniale
francese.
Ma è il mercato di
Ben Thanh che caratterizza al meglio lo spirito della città. Dentro l’edificio
la cui entrata è caratterizzata da una torretta con un grande orologio,
centinaia di bancarelle espongono frutta, carni, pesce e vari articoli in
pelle, fiori e stoffe.
È un luogo
caratteristico, pieno di vita, allegro, dove si affollano centinaia e centinaia
di persone al giorno e dove innumerevoli sono i commercianti che espongono la
loro merce su banchi assiepati l’uno vicino all’altro, su stretti corridoi dove
a malapena passa una persona per volta.
L’odore che si sente
entrando nel mercato è però nauseabondo, almeno per noi occidentali, a causa del durian, un frutto tipico del sud
est asiatico molto bello a vedersi ma il cui odore è terribile e molto persistente.
Bellissimo, dal color
rosa shocking, è il dragon fruit il cui sapore non è particolarmente dolce,
mentre il pomelo è un grosso pompelmo ma dolce e dissetante.
I vietnamiti vanno
molto fieri dei loro frutti tropicali che offrono un ottimo antidoto contro la
disidratazione e che. pertanto, vengono consumati in notevoli quantità.
Ma sono le stoffe,
sete dalle stampe punteggiate di oro e argento e i fiori dai lussureggianti
colori,e le orchidee variopinte a riempire di bellezza i mercati vietnamiti.
Nel mercato di Ben
Thanh, così come in ogni altro mercato cittadino, sono in vendita le copie
perfette degli articoli di pelletteria delle grandi marche e i bravi
negoziatori riescono a strappare ad un prezzo irrisorio borse e portafogli
“firmati”.
Gli abitanti di Ho
Chi Minh City sono molto gentili, amano fare business, si scambiano biglietti
da visita per farsi conoscere nella continua ricerca di espandere il più
possibile la loro cerchia di amicizie e, quando vedono uno straniero, sono
assai curiosi di conoscere il paese di provenienza. Gli italiani sono molto
benvoluti per via della moda e dell’arte, mentre la cucina italiana è
difficilmente gradita al palato dei vietnamiti, probabilmente perché troppo
lontana, sia come gusto sia come materie prime, dalla tradizione locale.
Impossibile, infatti,
per un vietnamita riuscire a mangiare il risotto, uno dei piatti tipici
italiani più famoso nel mondo, poiché i vietnamiti sono abituati al riso locale
che viene lessato e mangiato, non condito, a piccoli blocchi per accompagnare i
piatti di carne, verdure o pesce. Anche il parmigiano, così amato dagli europei
e dagli americani, qui non è apprezzato.
A Ho Chi Minh City la
cucina tradizionale è quella del sud del Vietnam che si caratterizza, rispetto
a quella del nord del paese, per un uso maggiore delle spezie e per i dolci
particolarmente ricchi di zucchero.
La birra è la bevanda
più bevuta in tutto il Vietnam e a ottobre si svolge, a Ho Chi Minh City,
l’Octoberfest come avviene in Germania. Anche il caffè è un vanto vietnamita.
Il karaoke è invece il passatempo preferito di giovani e famiglie che si
riuniscono in grandi locali dove si mangia e dove possono cantare con loro
grande soddisfazione.
Le donne sono
rispettate come in occidente, anzi sono loro che amministrano le finanze
familiari anche perché spesso gli uomini, in particolare quelli delle passate
generazioni, non lavorano, retaggio, probabilmente, della passata guerra.
Insomma, molto spesso sono solo le donne a portare uno stipendio a casa. Le
donne fanno lavori inusuali per le donne occidentali, ad esempio fanno i
muratori, anzi pare che le lavoratrici siano in generale più affidabili dei
colleghi maschi.
Anche se in città ci
sono alcuni musei che espongono le testimonianze della terribile guerra che ha
causato tanti morti e tante aberrazioni genetiche a causa della diossina
presente nell’agente arancio, un liquido esfoliante utilizzato dagli americani
per privare i Viet Cong della copertura vegetativa, i vietnamiti hanno fatto di
tutto per dimenticare questa guerra rovinosa e gli americani non sono odiati ma
sono divenuti un modello da imitare.
Gli abitanti di Ho
Chi Minh, come tutti i vietnamiti del sud del Vietnam, sono pertanto riusciti a
dimenticare questa guerra rovinosa, terribile e assai lunga, anche perché ne
sono usciti vincitori, ma non hanno ancora perdonato ai francesi di averli colonizzati.
L’antica Saigon fa quindi di tutto per scrollarsi di dosso il retaggio del
colonialismo francese, arrivando anche a demolire le vecchie ville coloniali a
favore di grattacieli moderni.
Sebbene la
popolazione sia nel complesso molto semplice e non incline a fronteggiare gli
imprevisti, abituata a seguire le direttive e poco disposta ad un sano potere
discrezionale che tanto caratterizza noi italiani, la città è in continuo
fermento, in crescita costante e in trasformazione.
Le maestranze sono
quasi sempre coperte dagli stranieri. Nelle fabbriche i manager sono
soprattutto coreani che tanto hanno investito in Vietnam e in particolare a Ho
Chi Minh City, negli hotel di lusso gli organizzatori sono tedeschi o inglesi,
mentre i cuochi dei grandi ristoranti sono quasi sempre italiani o, meno
spesso, francesi.
Francesi sono invece
i prodotti di panetteria e pasticceria nonché i market che vendono i prodotti
esteri dove si possono trovare le specialità giapponesi, francesi e italiane.
Ho Chi Minh City è
divisa in distretti ed il secondo distretto, in mezz’ora raggiungibile in
macchina dal centro città, è abitato in massima parte dagli expat, ossia gli
stranieri. Sono sorti in brevissimo tempo svariati isolati con ville circondate
da giardini e scuole internazionali, collegi inglese e francese, asili nido e
scuole materne che, in massima parte, utilizzano il metodo Montessori o il
Reggio Emilia Approach. Purtroppo le strade, essendo appannaggio del comune,
sono fatiscenti e l’intero quartiere ha seri problemi di allagamento in
particolare nel periodo delle piogge, da aprile a ottobre.
La vita in città è
caratterizzata dal caldo, più umido nel periodo delle piogge. Mentre nel nord
del Paese esiste una differenza di clima tra estate e inverno, ad Ho Chi Minh
City la temperatura si mantiene pressoché tutto l’anno tra i ventisette e i
trentuno gradi.
La popolazione fa
quindi un grande uso di bevande e di frutta per evitare la disidratazione,
mentre le donne. per difendersi dal sole, usano coprirsi con il classico copricapo
vietnamita, una specie di cono di paglia, o con l’ombrello. L’abbronzatura non
è concepibile qui come in tutta l’Asia dove le donne preferiscono la pelle
chiara e usano quotidianamente prodotti e maschere di bellezza sbiancanti.
La moda italiana è
molto apprezzata dalle donne vietnamite e in città sorgono numerosi i negozi
delle grandi marche. Anche il design italiano è molto ammirato e pertanto
l’arredamento di molti hotel di lusso è di fabbricazione italiana così come la
biancheria e le suppellettili.
È molto difficile
vedere bambini passeggiare per le vie cittadine. Al di là della scarsità di
marciapiedi, eccetto nel centro storico, il caldo e l’inquinamento sono gravi
fattori frenanti a rimanere all’aria aperta. Non per niente la popolazione usa
mettere delle maschere di protezione sulla bocca quando cammina per strada.
Pertanto i bambini
giocano nelle case o in apposite sale gioco piene di giocattoli, giostre,
vestitini di eroi e di principesse con i quali possono travestirsi, insomma
veri e propri santuari per i piccoli impossibilitati a passeggiare per le
strade.
Ho Chi Minh City è in
definitiva una città che vuole tenacemente proiettarsi nel ventunesimo secolo
senza paura di affrontare tutte le innumerevoli sfide che inevitabilmente si
presentano e soprattutto senza guardarsi indietro. Pur continuando a perpetuare
certe tradizioni, gli abitanti vogliono a tutti i costi entrare a far parte
della moderna civiltà con tutti i suoi pregi e difetti.
(Le foto sono dell'autrice, L.M. Di Forti)
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