La Camera degli sposi, detta "picta", a Mantova (A. Mantegna) |
Parla un putto della “Camera
degli sposi” di Andrea Mantegna, a Mantova: bello, celebrato, famoso. Da
secoli immobile. Sarebbe bello andarsene in giro
di Davide Morelli
È da secoli che
vivo in un castello. "Abito" in un dipinto in una volta del
soffitto. A essere esatti mi trovo in un oculo aperto, che raffigura in
modo illusorio il cielo. Sono uno dei putti che si sporge, appoggiato alla
balaustra. Me ne sto accanto ad altri putti, una dama, delle ragazze. C'è anche
un putto intento ad orinare. Io sarò sempre un pargolo nudo alato, messo lì per
un fine meramente decorativo e senza un preciso significato simbolico.
Non posso crescere. Resterò per sempre bambino. Sono circondato da una ghirlanda. Non voglio fare disquisizioni sul gioco prospettico e sull'utilizzo del colore, che crea questa illusione ottica.
Non posso crescere. Resterò per sempre bambino. Sono circondato da una ghirlanda. Non voglio fare disquisizioni sul gioco prospettico e sull'utilizzo del colore, che crea questa illusione ottica.
Secondo gli
scienziati il cervello vuole prevedere, vuole anticipare i tempi rispetto alla
vista e talvolta la percezione si fa sorprendere, ingannare: nascono così le
illusioni ottiche. Io faccio parte della camera
picta del Mantegna. La camera picta
è una finzione della pittura. Sembra tridimensionale. È un capolavoro perché
sembra vera. Non voglio dilungarmi su questo perché non sono uno studioso
d'arte, ma sono solo la piccola parte di una opera d'arte. Non voglio
annoiarvi sulle curiosità e sulle particolarità mie e dei miei compagni.
Sono una parte di
un capolavoro, però vorrei avere vita propria. Faccio parte della cultura.
Forse sopravviverò alla specie umana. Faccio parte di un capolavoro e
probabilmente non sarò vittima dell'incuria: ci saranno sempre critici d'arte,
sovrintendenti e restauratori che si occuperanno di me. Più volte ho maledetto
l'azzurro di quel cielo finto dipinto vicino a me secoli fa. E poi perché ha
voluto dipingere anche delle nuvole? Ma in fondo anche io sono finto.
Sono stanco di
essere al centro di una rappresentazione. È noioso stare da secoli al
centro di uno sfondato architettonico, anche se probabilmente è uno dei più
celebri della storia dell'arte. È da secoli che faccio finta di guardare in
basso. I visitatori più sciocchi del castello pensano che da lassù qualcuno li
guardi. Sono soltanto una creazione di un pittore, nonostante la genialità del
mio creatore.
Mi piacerebbe
essere meno bello ma più vero. Mi piacerebbe essere pieno di imperfezioni ma
reale. Mi piacerebbe integrare i cinque sensi, amare ed odiare, scandire la
vita in attimi, guardare il mare e il cielo, giocare con gli sguardi, mischiare
carnalità e spiritualità come fanno gli umani. Mi piacerebbe avere una
emozione, un orgasmo. Mi piacerebbe essere imprevedibile come gli umani, dato
che anche i pazzi hanno momenti di lucidità e i cosiddetti normali i loro
istanti di follia.
Invece io posso
permettermi di esistere senza essere cosciente come fanno gli umani, che devono
sempre cercare di essere vigili e consapevoli di se stessi. Il Mantegna
mi ha imprigionato in uno dei suoi affreschi. Ma io non volevo diventare
famoso. Il mio pittore mi ha forse chiesto il permesso di raffigurarmi?
Potevo essere disegnato peggio? Mi sarebbe piaciuto essere umano, anche se
orripilante e di gusto corrivo.
Forse alcuni
penseranno che sono ingrato perché il Mantegna mi ha fatto proprio bene le
manine e tutto il mio corpicino in ogni minimo dettaglio. Ma io sono stufo di
lui e di me. Maledirò per sempre questo pittore così grande, precoce e geniale.
Mi piacerebbe andarmene un poco a zonzo. Come è grama la vita di un putto
mantovano. Mi piacerebbe essere umano, ma non disdegnerei di far parte della
mitologia. E poi che cosa ha in più di me quel putto di nome Eros, che se ne va
in giro dall'eternità a scoccare frecce e a trafiggere i cuori degli umani?
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