Le svariate suggestioni di una stagione come l'autunno: i ricordi non sono spettri possessivi, piuttosto
evocano la ricchezza del passato
di Bianca Mannu
Con gli occhi ben
aperti
ospita le sere quest’autunno
d’annata
pastore vagheggino di
nuvole giocose
per pettinarle
aggraziate
Non minaccia pianti
dalle vele corsare
spalmate sugli occhi
di pervinca
ma si culla di brezze
mimando scampoli
d’estate
ammansiti lungo
pendici d’ombra
dove calugini di verde
si giocano la vita
tra forza di radici
e persistenza di
vapori magri.
Altri del Tropico
sparsi autunni
- di questo replicanti
ignoti –
gemono ormai maturità
di geli e di cattivi
umori.
Isolàno invece questo
si declina anomalo -
l’abito stinto
dell’estate addosso -
galleggia
e galleggia –
apparendo smemorato
d’ogni parentela e
storia …
Tra lunghe soste
galleggia
sotto paciosi
pleniluni
e oscuri tremolii di
stelle –
quasi sicuro di
restare eterno.
Intanto che ne intendo
la postura
vi sdrucciolo
repentini smarrimenti
inciampo su
fanciullaggini obliate
riscopro certe mie
beatitudini incolori
sospese tra barbe
d’aria in aria
come se le ganasce del
mio tempo
fossero anch’esse
d’aria
ed io senza sostanza.
Eppure – no - questi
non sono
viaggi di giuntura col
passato
né sono spettri con
cui
mi torna possessivo
addosso.
Sono maturi
apprendimenti
che confermo e
frequento
ancora adesso: organi
sensori
atti a scoprire e
valicare il nulla
- quello che diviene
sgretolando il tempo –
- quello che più
dell’ombra aderisce al corpo –
- quello che
irreversibile scorta e scorza
ogni ansa e croce del passare annienta.
ogni ansa e croce del passare annienta.
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