Livorno rende onore ad Amedeo Modigliani: una grande mostra, che
vuole raccontare, insieme al genio, un’epoca, un mondo artistico, e
infine la Parigi magica di inizio ‘900
(ap*) Livorno ricorda e
celebra il suo Modì. Con una mostra – la più attesa dell’anno, non solo in
Italia – che già nel titolo, Modigliani
e l’avventura di Montparnasse. Capolavori delle collezioni Netter e Alexandre,
indica l’ampiezza del disegno organizzativo che l’ha ispirata. Appena aperta ai
Bottini dell’olio, nel suggestivo
quartiere La Venezia, costruito sui
canali di accesso al mare, dove ha sede il Museo della città. Un luogo
simbolico, questo ex deposito di olio, proprio per essere sull’acqua, come la
casa in Laguna a Venezia dove il pittore risiedette per qualche tempo, mentre
studiava all’Istituto per le belle arti, prima di emigrare in Francia.
L’ambizione è quella di non
essere una semplice retrospettiva a carattere monografico per quanto pregevole
e ampia. Piuttosto l’occasione per ricordare il grande Amedeo
Modigliani nel contesto di quella fitta rete di rapporti, ma anche influenze,
nel quale si svolse la sua esperienza di pittore e scultore.
L’epoca era quella degli
anni iniziali del ‘900; il suo mondo era abitato da pittori di diversa
inclinazione, spesso con ispirazioni in comune; e infine la città, dove vissero
e lavorarono in tanti, era Parigi, ovvero la
Ville Lumière, con i suoi quartieri più famosi e frequentati da artisti, da
Montmartre a Montparnasse, splendente per le sue luci ovunque, nelle strade,
lungo la Senna, nei parchi o nei palazzi.
Modigliani dunque in assoluta
evidenza, e poi tanti amici e colleghi che come lui vissero quel momento
storico, e l’atmosfera unica di una stagione eccentrica e maledetta. Ma anche
coinvolgente, ricca di stimoli intellettuali e di sollecitazioni creative.
Sono 14 i dipinti (su tutti,
l’opera simbolo, Fillette en blue del
1918) e 12 i disegni in esposizione, provenienti dalle raccolte dei due
collezionisti francesi che sostennero il maestro in quegli anni. E’ il tributo
che la città toscana rende al suo figlio più famoso, in una mostra che si
protrarrà sino al 16 febbraio del 2020, in coincidenza con l’altra ricorrenza
importante che riguarda il maestro, il centenario della sua scomparsa.
La città, per carattere
estroversa, tempestosa come il mare sul quale si affaccia, poco rigorosa, vuole
farsi perdonare tanti anni di silenzio durante i quali la pittura di Modigliani
è stata celebrata ovunque ma non qui. Un rapporto con la città burrascoso, con
molte incomprensioni. L’evento di oggi sottolinea finalmente il legame che lo
unisce alla città, mai smarrito nonostante il tempo.
Lo confermano soprattutto i
disegni, perché proprio questi furono il primo campo nel quale l’artista si
esercitò da giovanissimo nella città labronica, andando a lavorare presso Guglielmo
Micheli, principale allievo di Giovanni
Fattori, e rimanendo così influenzato dal movimento dei macchiaioli. Poi i
viaggi in varie parti d’Italia e infine la Francia dove morì a soli
trentacinque anni. Le avanguardie parigine non sarebbero state le stesse senza
Modigliani e lui senza Livorno.
Un centinaio le altre opere
esposte, dipinti di artisti spesso squattrinati che mossero i loro passi nella
stessa stagione e che Modigliani frequentava, come Maurice
Utrillo, André Derain, Chaïm Soutine, la stessa compagna Jeanne Hébuterne, e di
tanti altri ancora, Suzanne Valadon, Moïsee Kisling, Maurice de Vlaminck.
Tutte insieme, le opere
rasentano un valore assicurato di oltre 700 mila euro, che non è solo una stima
commerciale; dà l’idea della serietà del lavoro preparatorio svolto dal
curatore Marc Restellini, uno dei suoi principali studiosi. Pochi artisti come
Modigliani hanno registrato una mole così estesa di contraffazioni, e ne è
stata protagonista trentadue anni fa la stessa Livorno, con la burla del falso
ritrovamento di sculture (alcune “teste”).
Diverse mostre, nel tempo,
sono state accompagnate da polemiche sull’autenticità delle opere, creando
confusione tra vero e falso, e lo stesso museo del Louvre ha avviato uno studio
scientifico “Le secrets de Modigliani” sulla questione dell’autenticazione
delle sue opere.
La vicinanza tra tanti
artisti si sviluppa nelle sale espositive in un dialogo serrato di volti,
paesaggi, nature morte, e gusti pittorici. Gli uni di fronte agli altri o accanto.
In essi un elemento spicca su ogni altro: sono soprattutto i colori così accesi
a imporsi, e a chiarire le distinzioni tra esperienze, atmosfere, suggestioni.
La diversità delle ispirazioni.
Tonalità forti contraddistinguono,
come sappiamo, i volti di Modigliani, soprattutto i notissimi ritratti
femminili, ma anche quelli maschili, sempre stilizzati, con lunghissimi colli,
oppure i nudi integrali, mollemente sdraiati, che scandalizzarono non poco gli
ambienti conformisti di allora. Era leggendaria la rapidità con la quale
Modigliani dipingeva i suoi ritratti senza poi ritornavi su.
Una modalità che determinava
un risultato pittorico solo apparentemente elementare. Volti che sembrano piatti
e levigati, senza spessore, inespressivi come maschere, e persino stravaganti e
anatomicamente errati, con quegli occhi fortemente a mandorla, il naso storto,
le bocche increspate.
Tuttavia l’accensione dei
colori sui corpi e sugli sfondi determina sempre un salto, un capovolgimento di
significati. I soggetti che hanno posato per lui raccontavano di aver percepito
la sensazione di essere stati “spogliati nell’anima”, colti nella loro essenza
più nascosta, svelati innanzi tutto a sé stessi. E’ stato davvero un pittore
dell’anima. Illuminata anche dalle tante luci della Ville Lumière, che hanno influenzato
l’ispirazione degli artisti che l’hanno amata.
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