I riflettori celebrano ed esaltano la fama. Spesso solo del più forte.
Non possono cancellare l’infamia
di
Marina Zinzani
(Commento a Roman
Polanski, l’arte e la biografia dello stupro, PL, 12/11/19)
C’è
sempre un potere sopra che non permette di dire, di denunciare. E’ una storia
vecchia come il mondo, gli scambi di ruoli fra vittima e carnefice, i colori
non meglio definiti. Il
denunciare un personaggio noto comporta avere tutta l’attenzione addosso,
attenzione non richiesta, che non lenisce il dramma che si è vissuto. Anzi,
spesso lo amplifica.
Il silenzio invece fa assistere alla celebrazione di chi è più forte, di chi ha un nome. Nessuno di questi casi, il denunciare e il silenzio, serve probabilmente a cancellare le ferite di chi ha subito.
Il silenzio invece fa assistere alla celebrazione di chi è più forte, di chi ha un nome. Nessuno di questi casi, il denunciare e il silenzio, serve probabilmente a cancellare le ferite di chi ha subito.
La
prima vittima di Polanski lo ha perdonato. Non è così facile da capire, non si
riesce a comprendere certi meccanismi che portano al perdono.
Non
basteranno le luci dei riflettori, evocare l’arte, per risparmiare la condanna.
Non penale, quella oggi, buon per lui, non è un problema. Ma c’è anche altro,
oltre le stanze di un tribunale.
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