A Gesòli, paese immaginario della
Sardegna, la storia di Ranieri colpito da una sventagliata di colpi durante l’occupazione
nazista. Credeva d’essere morto, ma non
era arrivato il suo momento
di Bianca Mannu
Ranieri, camminando non vedeva quasi nulla davanti a sé, gli occhiali punteggiati
di pioggia. Ma certo sentiva. E sentiva qualcosa, qualcosa di somigliante a
voci. Sempre più chiaramente sentiva voci, voci ansimanti, strane, come emissioni
sfrangiate, in corsa. Mugolii anche, ma umani, troppo umani, femminili, anzi femminili
e nasali, da lingua torpida. “Qui? E
come può essere?”.
Di
colpo s’accorse che s’era fatto buio. E sì, le cose buone che pensava erano
luminose di suo, dentro la testa. E lui aveva continuato a camminare come se
avesse seguito il loro riverbero. E invece il buio era denso per via del
pulviscolo di pioggia. Il terreno sconnesso gli disse che aveva raggiunto la
pietraia, il letto d’un torrente secco. Avendo voluto scorciare, doveva passare
da lì. E però non sapeva a che punto fosse. E se era in mezzo, voleva
togliersi, perché con quello che a tratti gli turbava le orecchie e il pensiero
lui non voleva entrarci.
Si
bloccò di colpo spaventato del rumore dei propri passi. Stette in piedi, fermo
come un tronco, per pensare meglio e cercare d’indovinare un riparo. Gli pareva
d’intravedere sagome di opunzie, cespugli, muri a secco, immersi in un’ombra
dilagante, troppo lontani, gli pareva.. E in quel silenzio improvviso che
sembrava spiarlo, ecco di nuovo il frullato di voci e anche un istantaneo
bagliore senza suono. Si sentì esposto e nudo in quella pietraia, malgrado il
buio. Cercava d’indovinare la presenza d’un masso contro cui addossarsi. E fu lì
che scivolò e il fracasso d’inferno che ne seguì, non era dei sassi.
Era
una mitragliata che gli scagliava addosso una grandine di piombo. E infatti
qualcosa di caldo gli bagnò l’inguine e le gambe. “Beccato” pensò accasciandosi e aspettando il dolore e la
morte. Ma seguiva solo un’eco di sassi smossi che non capiva bene se fossero
dentro o fuori dal proprio corpo. Si teneva la testa e aspettava il colpo alla
nuca. Sentiva infatti l’incalzare dei passi e l’impeto perentorio delle voci, e
i propri denti arrotarsi in bocca con un rumore insopprimibile e le gambe
irrigidirsi dentro i pantaloni bagnati. L’anima gli uscì dal petto e, come un
cencio di vapore grigio, restò a dondolare, infilzata in qualcosa, come un
ciuffo di cardi secchi, nella pioggia nera. Era morto e non poteva farci niente.
“La morte ha una meridiana che i vivi non
capiscono. Beh, quella, la morte, è un tasto di niente che interrompe i fili
del corpo e del cervello. Quella se ne tornò indietro con quello straccetto
d’anima forata dal cardo molentino e s’ingusciò nel cuore del fortunato? Boh!
Tasto di niente e ti svegli, sbatti le ciglia e sei tutto pancia, perché un
sobbollire sordo e fastidioso ti fa tremare i visceri, e la merda ti esce dal
corpo come acqua. Ecco, così: psfs!”
È
predi Atzori che fa parlare in questa guisa il povero Ranieri, che invece
così proprio non sapeva parlare. Ranieri aveva percepito, sì, l’avvio del
motore di quella camionetta. Solo un morto non avrebbe riconosciuto il
minaccioso scaracchio di quella. La paura ha mille antenne. E Ranieri, avendone
forse mille e una, non volle sapere che cosa, come e sopra chi, con la pioggia
e con la notte, compissero i saturni padroni del momento e della camionetta.
Atterrato
sotto il cappuccio di sacco coi suoi trabiccoli puntati sulle costole, volle
fuggire come poteva, appiattendo il suo spessore. Ma sentì quel ronfo
avvicinarsi incombente come se avesse avuto occhi per vedere lui, Ranieri, che
sminuiva senza poter sparire. E allora impedì al suo corpo di conoscerne anche
il peso fisico e tutto il crocchiare che, ballando, avrebbe fatto sulle ossa
del suo corpo e lo slittare a vuoto dei copertoni sull’impasto di carne,
sangue, merda e fango che lui stava per divenire. Piuttosto morto! Ecco. Andò
così.
Ma
la morte, che non ha avuto modo, a causa d’un’astuzia emozionale, d’autenticare
la sua firma, mantiene tracce di reversibilità. Così Ranieri, da morto che era,
si riprese giusto in tempo per udire l’attenuarsi del rombo, come di tuono che
andasse a morire lontano, verso l’altipiano. E quando l’aria tacque del tutto,
lo prese una gioia così intensa, così folle, che lo fece voltare faccia in su.
E fu lì che si addormentò.
Nessun commento:
Posta un commento