di Marina Zinzani
I bambini. Tornare a casa la sera e non trovarli. Gli sguardi e il silenzio dei propri genitori. Le ragioni da vendere e gli sfoghi non sempre possibili. La solitudine. Il dover reinventarsi una vita, delle relazioni. Una strada in salita in un sentiero di montagna, mentre sta per piovere.
E si è soli, e comincia a far sera. Il tempo che torna per immagini, dei flash in cui ci si dice che una parola poteva servire, un altro atteggiamento poteva aiutare. Il bisogno primordiale di una persona al proprio fianco. Il vuoto di voci, di persone, di argomenti. Il rialzarsi e il ricominciare, con un volto fresco, una nuova possibilità.
Cinquant’anni fa, il primo dicembre del 1970, veniva approvata la legge sul divorzio. Certamente ha consentito un progresso, la liberazione da vincoli che erano diventati sbarre, dissolto l’amore che fu di un tempo, svanite le promesse, ammessa la delusione. Le porte si sono aperte, e ognuno ha potuto respirare un’aria nuova, il diritto a riprendersi la propria vita.
Ciò che non ha potuto fare la legge sul divorzio è riparare gli esseri umani, gli inciampi e le cadute. E’ diventata con il tempo una famiglia fluida, allargata, in cui anche superficialmente ci si unisce e al primo ostacolo si manda tutto a monte.
Le nostre madri e i nostri padri vivevano in un altro tempo, famiglia come punto fermo, una volta solo, pur affrontando le difficoltà e le incomprensioni. A volte si era infelici e non si poteva andare via. La libertà ora è un diritto riconosciuto, quello di ricominciare da capo. Anche se le leggi sono una cosa, e ben poco possono fare per cancellare gli effetti negativi di una storia finita.
Su tutto il diritto di cercare una nuova opportunità, una situazione più favorevole. E questa è una conquista innegabile.
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