di Marina Zinzani
Parlare di “Shtisel” è come parlare di una musica inconsueta. È una serie di Netflix che mostra una famiglia ultra-ortodossa a Gerusalemme, ai giorni nostri. Una famiglia che ruota attorno al suo patriarca, il rabbino Shulem, che vive con Akiva, l’unico dei suoi figli che non si è ancora sposato.
È recitato in yiddish, con i sottotitoli, cosa poco invitante all’inizio. All’inizio. Perché poi si entra nel mondo di queste persone, delle famiglie dei figli che ruotano attorno a Shulem, e si viene presi da una sorta di fascinazione quasi inspiegabile.
È un mondo intanto più lento, più pacato, più attento alla spiritualità, ma anche dogmatico, con regole quasi assurde ai nostri occhi, fuori dal tempo presente, che potevano appartenere all’epoca dei nostri nonni, o bisnonni: i matrimoni combinati, il conoscersi così poco ed approdare subito ad un fidanzamento ufficiale, la donna che nasconde i suoi capelli dietro un copricapo o una parrucca.
È quanto di più lontano si possa immaginare dal nostro mondo. Eppure è tutto raccontato con tale grazia, profondità, esplorazione dell’animo umano attraverso gli sguardi, i dubbi, i tentativi di ribellione, la ricerca dell’amore, la difficoltà a rapportarsi con una figura così forte ma anche ingombrante come il padre, che quei personaggi ci diventano subito familiari. Entriamo nelle loro cucine, nelle case piene di bambini, conosciamo il loro anelito ad una libertà che difficilmente sarà possibile, e allo stesso tempo alla paura di uscire dalla comunità protettiva.
A suo modo questi sentimenti contrastanti ci vengono rivelati da Akiva, il figlio minore, innamorato prima di una vedova, figura sensuale ed enigmatica, poi di una cugina. Amori complessi, difficili, il suo animo delicato e dolce cerca l’amore, non un matrimonio combinato. Il suo tentativo di trovare una propria espressione è dato dall’arte, dal suo dipingere, cosa che lo porterà ad essere apprezzato. Ma non pienamente dal padre, che non riesce a comprendere a fondo il suo mondo sensibile.
È una storia di ricerca, di passioni sotterranee, di attriti non rivelati, di paura della morte, del desiderio di verità su chi abbiamo accanto. È uno spaccato prezioso su un mondo così lontano, ma che parla di temi così vicini a noi, che ben pochi film hanno trattato.
La serie ha avuto un grande successo ovunque, tre serie da 11 puntate. In rete si leggono commenti di chi l’ha visto. Vivono una sorta di perdita il fatto che la serie sia finita. Per un po’ sentono di avere abitato a casa di Shlulem ed Akiva. Per un po’ hanno condiviso le vite di queste persone, non hanno giudicato i loro usi, le loro abitudini. Questi personaggi, per quanto possano apparirci irreali, hanno parlato della vita più di migliaia di libri. Anche solo con uno sguardo.
Molto interessante.
RispondiEliminaGrazie Liana