(Le tre cime di Lavaredo, foto Di Forti) |
Scoprire la montagna
di Laura Maria Di Forti
Abituata alle vacanze al mare sin da bambina, questa in montagna di dieci giorni nella Val Pusteria è stata una rivelazione, una specie di via per Damasco. Conoscevo le Dolomiti per esserci andata durante gli anni del liceo in settimana bianca con la scuola: Panarotta, Andalo, Pinzolo e così via ma, non essendo una appassionata di sport invernali, ho finito per convincermi che la montagna non facesse parte del mio Dna.
Mai convinzione è stata più sbagliata, erronea, inopportuna e scorretta: la montagna è spettacolare, un teatro a cielo aperto che cambia di continuo, ad ogni passo, che svela i fianchi delle montagne, le creste, i picchi, i dirupi, che varia con il mutare del tempo, si trasforma con la luce, sembra quasi modellarsi.
Lo spettacolo inizia la mattina con la luce del giorno che comincia a farsi più forte e allora le ombre della notte svaniscono, le nubi si alzano rivelando i contorni frastagliati e gli alberi che ricoprono fino ai duemila metri le rocce per poi lasciarle nude, imponenti, talvolta spaventose ma non per questo meno attraenti.
Anzi, talvolta è proprio la rudezza del paesaggio a catturare l’emozione che poi si libera incontrando le valli verdi, prati vellutati inframmezzati da malghe, case in legno con piccoli balconi di legno ricoperti interamente da fiori lussureggianti di ogni colore. E poi, verso sera, il sole che si abbassa preparandosi al tramonto colpisce le montagne addolcendone i contorni, illuminandole di una luce calda e rendendole palpitanti, quasi vive.
Percorrere i sentieri, chilometri di salite e discese, è un’esperienza che ti entra nell’anima. Credi forse, da lassù, senza i rumori della città, i clacson e il viavai indaffarato di gente operosa che lavora, che il mondo sia tutto lì, racchiuso tra quelle valli che si insinuano tra una montagna e l’altra.
Siamo stati fortunati: il tempo è sempre stato sereno, solcato da nuvole bianche più simili a grandi ciuffi di panna, solo gli ultimi due giorni è piovuto ad intervalli. L’ultimo pomeriggio, tornando dalla Val di Funes, abbiamo avuto per un’ora come compagno di viaggio l’arcobaleno, immenso, dai vividi colori, scenografico, quasi come fosse un regalo, la ricompensa per aver dovuto rinunciare ad una passeggiata tra i monti ed esserci accontentati di un viaggio in macchina.
La mattina del rientro, uscendo dall’albergo che si trova a 1500 metri, le montagne erano sparite, letteralmente coperte dalle nuvole. Qualche minuto dopo, sono ricomparse nella loro magnificenza. Un ultimo spettacolo o forse una magia, chissà.
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