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Terra bruciata in Ucraina


(Angelo Perrone) Se questi sono uomini. Case, scuole, ospedali, depositi di grano, civili inermi, donne abusate, bambini catturati. L’obiettivo non è la conquista di territori ma la distruzione con lo stigma del crimine di guerra.
Le atrocità volute da Putin hanno provocato ondate di profughi riversatisi ovunque. Lo scopo è lo sradicamento di un popolo, l’invisibilità della gente.
Certe volte non rimane che l’immaginazione per continuare a sperare, vincere lo sconforto. Forse ci si consola un po’ pensando che «essere lontani è un modo di abitare il proprio paese», come ha scritto il filosofo argentino Miguel Benasayag, descrivendo il fenomeno migratorio contemporaneo. Sempre che beninteso si riesca, tra tante sciagure, a «portare il proprio paese dentro di sé». 
Lo sradicamento è la patologia che affligge le persone, alle prese, senza averlo voluto, con situazioni complicate, altre lingue, diversi costumi, assenza di legami sicuri e riferimenti noti. È l’ennesimo esempio di migrazione, dovuto non già a ragioni economiche o climatiche, ma agli effetti di una guerra determinata da un terribile sogno arcaico di potenza.
La fuga in cerca di salvezza segna una cesura con il proprio passato, allontana dal mondo abituale, infrange il radicamento sociale, quella sicurezza che Simone Weil, in Radicamento, Preludio ad una dichiarazione dei doveri verso l’essere umano (1951), definiva «il bisogno più importante e misconosciuto dell’anima umana», forse anche il più struggente, cioè l’appartenenza a qualcosa.

Commenti

  1. Appartenere ad una gens, ad un popolo, ad una terra, è parte integrante di ciascuno. Dover rinunciare a questo per una guerra dal sapore di un altro secolo, risulta un fenomeno inaccettabile, dopo tutto quello che è stato insegnato, che è stato detto e fatto... Corsi e ricorsi...?

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