di Giorgia Deidda
Sedevo alla finestra, il dolore muto.
Ascoltavo le rondini riecheggiare volteggiando
in spirali tortuose e arabeggianti,
mentre io rimanevo vuota come un sacco tagliato
dietro il vetro, le mani a conca sul viso.
Non seppi come, ma il sole mi brillò da una fessura delle dita
Fece capolino su tutti i capelli e mi colorò d’oro,
che quasi non potetti non alzare gli occhi e guardare.
Sembrava spingermi con il suo raggio fulmineo
a guardare la maestosità del suo cielo,
a respirare grandi boccate d’aria,
per la mancanza che avevo e il dolore
che mi perforava le membra.
Uscii dunque e risanai;
pian piano l’ossigeno mi entrava dentro e riparava
tutto quello che di rotto si era creato
e il cielo mi radiava gli occhi, commistione di luce e azoto
e le rondini mi sorridevano alle orecchie.
Ridiventai integra e compatta, un pezzo senza crepe, ceruleo.
Il dolore era rimasto
dietro la finestra.
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