giovedì 13 aprile 2023

Cantilena del Cosmo Pio

di Bianca Mannu 

1
In poche case con fiori nei cortili
un pugno d’abitanti dai gesti gentili
stanno stretti in silenzio robusto
praticato e offerto in olocausto
all’alterna voracità dei tagliaerba. 
Se oggi canta il tuo – il mio starà in riserva
domani il mio canterà il canto della cerva:
brani classici.

2
Le “domus” lievitando sui bassi atavici
o dal suolo issandosi come cespi strabici
flirtano coi cirri dagli occhi dell’altana
e all’ospite stupito fanno moine con le verande
dove insuperbita ristagna l’aria rusticana.

3
Ciascuna casa ha la sua castellana
che spazza e sciorina le lenzuola: 
un poco oscilla tra l’essere La Fata
e ben figurare nel ruolo di Befana. 
Stessa lei che cura le rose dell’aiola
e per profitto - mai per minimo diletto - 
il retro del cortile coltiva da ortolana.

4
I triangoli di prato sul suolo di prospetto -
li rade lei al noto modo inglese
suonando civilmente a turni e intese
la musica del tagliaerba tecnoevo.
Perché così va il trend nel nostro bel paese.
Andrà così finché il seccume del primevo
– Dio guardi! - non torni ad avanzar pretese
sull’uliveto, sulla vigna ed il maggese …

5
Andrà così finché la Fata o la Befana
deciderà di piantare tutto in asso -
di uscire nauseata dal budino
mollare l’orto il prato ed il bucato
piantare il perbenismo crasso
e l’imposto uggioso femminino
scagliare con impeto nel fosso!

6
Prevale invece il vezzo dell’abusata usanza
indotta dalla fisima di ubbidire alla natura
dove si giura che regni sacra la costanza.
 Pur menomato d’ampiezza e di virtù – il prato
 sta lì come ci fosse sempre stato
 e non ricorda il ruolo antico di pastura
 aspira a definirsi emblema di onoranza.

7
Malignino pure i lividi vicini
stupiscano gli alieni ficcanaso
 e sulla sua pelle ogni cane invidioso
si gratti la molestia di certi brufolini –
benigno rimasuglio trasformato
d’obliate zuffe per abigeato.

8
Non si sa più tra queste case
se nell’antico s’accendessero contese
tra i comiti del Re con spada e cappa –
e i contadini digiuni con la zappa.
Ai primi: titoli d’acque terre con armenti -
anche di braghe gl’infimi mancanti
vincolati a pigliar mai mercede
e loro stirpi mai poter mutar di sede.

9
Ma i miti abitanti di questo paese
ancora tengono nove candele accese
a Santu Jacu - mediatore presso Dio
della storica miracolosa clonazione
dei bruti agresti a umana condizione.

10
Verdeggia intanto l’autunno solatio sulla collina
la pioggia irride l’aridità che altrove uccide.
 E ride d’acqua e sole la lucida berlina
dietro il cancello a spirali stile liberty -
ride dall’ultima volta che inghiottì
un pieno favoloso di benzina
nel bel mezzo della guerra in Ukraina.

11
Qualcosa d’altro e di natura nuova
all’occhio altrui porge e nasconde:
cosa trabocchi e qual ritorno d’onda viaggi
tra il nido di coppo e la leggera alcova?
Che pietra s’abbatta sui petrosi staggi?
Spire a tranci opprimono tetti e logge?
O sono anticipi di originali fogge?
Dentoni a schiera: gale per gronde?
Segnali uscenti a piccole e medie onde
dall’interno di certe grandi uova
di fasciame murario e ferree sponde.   
Ogni uovo vale una teca in prova
che - in maschera - arcani privilegi cova?

12
Il curioso – da fuori – tenta intravedere -
ma estrapola il niente o raffigura il dentro
per analogia con quanto crede di sapere.
Il serio cerca e trova - pare portento
e insieme scoperta d’inattesa bizzarria.
E scaglie trova! - di luci nette e toni décapés
sfuggiti e miscelati da intagli a “gelosia”
degli ampi schermi di metallo brûlé:
sarà l’ultima trovata di chi ha lanciato
il probabile trendy in “stile intimité”?

13
Allo zenit il sole inonda campi e strade:
nulla si muove e al vento manca il fiato.
Una coppia di tortore soltanto
lancia di cuore il suo amoroso canto
- Shi Shin Pin! – esclama lei
- Dimmi di sì! – risponde lui
- Sì ti dissi - ancora lei
E il dramma batte ancora sul tre
in-de-fi-ni-ta-men-te!

14
Similmente i notiziari TV
ripetono con enfasi meccanica
i luoghi comuni e le vecchie novità
per i marziani distratti di quaggiù
assenti per affari o per lavoro
oppure occupati a compulsare
le lunatiche classifiche del calcio
in un momento di casuale intralcio
ai tassativi ritmi della produzione.

15
Ma verso l’ora del meriggiare aromatico
dei cibi posti a sfrigolare con l’erbatico -
quasi risposta a irrefrenabile richiamo -
si volge al desco ogni esausto Adamo.
E ancora ostaggio della gualcita tuta
o della divisa d’ufficio che non muta
- un felide smunto ed affamato –
aggredisce furioso quanto sta nel piatto:
ingollando un boccone dopo l’altro
respira grosso e mai gli sembra tanto.

16
Entrato in fase di masticamento
il suo occhio da grifagno
si fa molle si fa stagno
indi strabuzza - fiammella al vento -
alfine illanguidisce per incanto
indi sta chiuso nell’abbraccio santo.

17
Non   è l’abbraccio di Santu Jacu
non è l’abbraccio di Gesù
ma di un narcos molto antico
molto più vecchio di Belzebù.
Il suo nome suona Morfeo
e non è pezzo da museo
autentico nume – incorporeo illusionista -
che il bene umano mai perde di vista.
Nume che ottunde con coltri d’ovatta
i troppi bailamme della giornata - 
che attenua la vista – rallenta il cuore –
asciuga il pianto su lutti e terrore.

18
Nelle brume di Morfeo
sembra ieri e l’altro ieri
il tempo d’ogni oggi
E d’ogni stagione - questa pare
proprio la copia originale.

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