lunedì 3 aprile 2023

Orlo

di Giorgia Deidda

Non sono un albero con foglie piene;
mi manca la linfa vitale. 
Assomiglio più a certi alberi smagriti e dimenticati 
che traggono nutrimento dalla terra asciutta,
 cercando di guardare lontano verso le stelle
e di toccare un po’ di luce con i rami disgiunti,
una depersonalizzazione da mancanza 
scritta a caratteri brucianti, senza significato. 
Allora io e la luna siamo diventate confidenti, 
e tutto sembra ruotarci attorno, tutte le cose 
che dovevano esistere
dissolte nella totale mancanza d’attenzione, 
e non mi rimane altra parola che ossigeno,
da donare al cielo
e non mi rimane altro segno che l’avvicendarsi 
del mio ramo al blu
crescendo per amore più che per nutrimento 
perché il cielo per me era cosa meravigliosa
e io non potetti
che crescere di voglia d’assomigliargli. 
Così mi feci alta e sempre più rassomigliante
a quel contenuto
bluastro e pallido di giorno, e i miei fiori diventavano 
stelle minuscole 
ed odorose, ognuna più colorata,
ed io mi facevo sempre più curva a causa della mia altezza 
che tutti i miei frutti caddero a terra e persi tutto ciò che avevo. 
Livida di rabbia mi accasciai sul suolo e guardai la 
maestosità di ciò che avevo creato, 
soccombuto dal peso dell’invidia,
crollato sotto il peso della non accettazione.
E rimasi stesa a guardare il cielo, più alta di tutti, 
finalmente io, circondata dalle mie creature immobili, 
a rimirare ciò che più avevo amato,
contenuta nella mia essenza, disgiunta dal cielo
ma più chiaro e luminoso di sempre. 

Nessun commento:

Posta un commento