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Spoleto

Spoleto
di Marina Zinzani
(Introduzione di Angelo Perrone)

(Tratto da “Racconti di una vacanza in Italia”)

(Angelo Perrone) La ricerca di mete turistiche non convenzionali è affascinante, e riserva sorprese. Marina Zinzani prova a seguire i passi di due amici americani in giro, per la seconda volta, per l’Italia al di fuori degli itinerari più noti. 
Ci sono nuove realtà da conoscere. Un mondo là fuori è pronto a mostrare la sua essenza. In questo contesto multiforme, non dobbiamo trascurare noi stessi. 
È interessante ciò che si vede, ma sorprendenti sono gli occhi con cui si guarda. Si apprende di sé qualcosa che non si sapeva di possedere, si sperimentano nuove emozioni. Questa, al termine, la conclusione emozionante. Ma potrebbe capitare di avvertirne segnali strada facendo.
C’è un tragitto da compiere. Per l’io narrante, che è uno degli amici, tante sollecitazioni. L’urgenza di prendere i primi appunti. Riemergono, di riflesso, pensieri appena letti su un gran libro come “Jean Santeuil” di Marcel Proust. 
Infine lo sguardo ritorna su di sé. Per ognuno, si sa, è diverso. Ciascuno ha la sua, di verità, da raccontare. È il momento in cui il viaggio riserva le sorprese maggiori.
Dopo Orvieto, Spello, ecco Spoleto

Una lunga scalinata porta alla cattedrale. Si arriva a qualcosa di maestoso, che appare già dalla facciata, impreziosita da rosoni che sembrano ricami, da un magnifico mosaico di stile bizantino. Dentro, gli affreschi inondano di emozione. L’abside dipinto da Filippo Lippi, nelle sue Storie della Vergine, inonda gli occhi di colore e armonia, lasciando uno stato di quiete, di rarefazione. È da contemplare in silenzio, cercando di assorbire il più possibile, di riempirsi gli occhi, per conservare queste immagini nella memoria.
Ogni anno qui c’è il Festival dei Due Mondi, mi immagino la gente che ascolta concerti sotto le stelle davanti alla cattedrale, credo che sia un incontro meraviglioso di arte e musica, visione e suono, mentre scende la sera e gli occhi si chiudono, ed arrivano note di un’orchestra, di un violino.
Mi piacerebbe essere qui almeno una volta, dopo avere passeggiato per queste strade durante il giorno, dopo essermi deliziato con un’ottima cena e del buon vino, ad ascoltare musica classica sotto le stelle. Chiudere gli occhi, lasciarmi trascinare dalle note, avvicinarmi al paradiso. 
Oggi abbiamo pranzato in un ristorante tipico, di quelli in cui non c’è un cameriere informale che raccoglie l’ordinazione, ma arriva il titolare ed espone i piatti del giorno. Un uomo che ci ha chiesto da dove venivamo, cosa stavamo visitando dell’Italia. Un gran chiacchierone, che metteva di buon umore al solo guardarlo, con i suoi chili di troppo e il grembiale bordeaux con il nome del ristorante, con qualche macchia. Ci ha consigliato gli strangozzi di Spoleto e una torta tipica del luogo, e ci siamo affidati a lui.
Poco dopo è arrivata la pasta, questi spaghetti fatti a mano grossi, conditi con un sugo di pomodoro, aglio e prezzemolo. Incantevole, nella sua semplicità. Alfred li ha finiti voracemente, alla faccia del mangiare lento, dell’assaporare che ci eravamo dati come condotta, in questo viaggio. Ma anch’io ho gustato questa pasta così saporita non disperdendo tempo, era semplicemente sublime. E il dolce ha chiuso il pasto, era una torta con amaretti e cioccolato, la crescionda. Veramente era qualcosa di più, era a tre strati, composti da amaretti, crema e cioccolato. Un incontro di sapori assolutamente armonioso. Io e Alfred ci siamo guardati, è stato uno sguardo eloquente, come per dire “Però...”.  Delizia del palato, anche questa volta. 

Da Proust: “Ci sono farfalle che serbano anch’esse nell’ombra certi colori celesti e vanno da un fiore all’altro araldi di questa bella giornata, come quelle donne che escono per le vie vestite di seta chiara e vivace solo quando fa bel tempo ed è venuta l’estate.”

Chiudo gli occhi, sono stanco. Alfred è al bar di sotto, ha fatto amicizia con una coppia di americani in viaggio di nozze in Italia. Dopo una timidezza iniziale, lui si lascia andare e potrebbe parlare per ore. Sto pensando a quello che ho visto oggi, la cattedrale, gli affreschi, a quello che ho immaginato quando la musica inonderà la piazza per il Festival dei Due Mondi. 
Con Kathrine andavamo ad ascoltare dei concerti, lei amava l’opera soprattutto. Si faceva bellissima, aveva un sorriso contagioso, e ascoltava come se fosse estasiata da tanta musica. Forse era la donna adatta a me. Forse ci siamo allontanati per qualcosa che si poteva superare, eravamo giovani, impegnata lei negli studi e io ad inizio carriera, sono bastati sei mesi lontani per perderci, eravamo diversi dopo.
Come se la vita potesse riservarci altro, di meglio, di più pieno, di più appagante. Ricordo una sera, eravamo a Broadway, uscivamo da un musical e pioveva, pioveva a dirotto. Corremmo verso un taxi mano nella mano, ridendo. E anche dentro il taxi ci tenevamo la mano. “Bellissima serata” disse lei.
Chissà come è bella una serata al Festival dei Due Mondi. Con qualcuno accanto, con la persona giusta.

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