di Marina Zinzani
Due amanti, un professore e la sua ex allieva, un momento di passione, forse l’amore che durerà tutta la vita. C’è anche un pizzico di follia nell’aria. Lei propone di scambiarsi un segreto, una cosa mai rivelata a nessuno. Lui ci pensa, e poi accetta quello che sembra un gioco. Lei rivela il suo segreto in un orecchio, poi tocca a lui. E lui qualcosa dirà. Qualcosa di terribile.
L’avere rivelato il suo segreto perseguiterà l’uomo durante gli anni, nonostante il matrimonio con un’altra donna, una figlia, una carriera brillante in ambito scolastico. Il professore è un uomo tormentato da quel segreto che se, rivelato, potrebbe incrinare la sua immagine di fronte agli altri. Potrebbe mostrarlo come una persona spregevole, o portarlo in carcere, o fargli perdere moglie e figlia, o chissà.
Lei, l’ex allieva, diventata una persona di successo nel suo lavoro, si ripresenterà nella vita del professore ogni tanto durante gli anni, gli apparirà davanti improvvisamente. Come se fosse la sua cattiva coscienza in carne ed ossa. La donna può rovinarlo da un momento all’altro se raccontasse quello che sa, e glielo ricorda. Quello che può succedere, se lei parla, diventa il cappio al collo del professore, il passo nel baratro che è così vicino, un incubo che non lo fa più vivere.
Siamo dalle parti di Pirandello con questo film, “Confidenza”, per la regia di Daniele Luchetti, tratto dal romanzo di Domenico Starnone. Gli attori sono tutti bravissimi, Vittoria Puccini, Federica Rosellini e soprattutto Elio Germano, che interpreta il personaggio contorto del professore, un uomo ambiguo, ai confini del bene e del male, forse mediocre, o forse un professore che ha qualcosa più degli altri professori, dato che riesce ad entrare in profonda empatia con gli studenti e a farsi amare.
Pirandello vi avrebbe trovato temi a lui cari, l’apparenza, la maschera e il vero volto, quello invisibile a tutti, una persona a volte così diversa da quella che gli altri conoscono e che si presenta alla società.
Il segreto rivelato dal professore in quella notte di follia, senza freni inibitori, è stata la condivisione della sua stanza oscura, la stanza della verità. Una decisione così avventata da pentirsene un attimo dopo, quando è troppo tardi. Lo svelare il proprio segreto ha come consegnato la sua vita nelle mani dell’altro.
Viene da pensare a cosa sia un segreto. Una parte di sé che si condivide. Quel segreto, come un oggetto delicatissimo che viene donato, diventa poi però cosa di altri, sottoposto al giudizio altrui, eventualmente potrà essere raccontato se la persona era poco fidata, potrà essere usato, anche deriso, forse sarà incompreso. E chi ha raccontato diventa più debole. Una parte di sé se n’è andata, e forse non in lidi migliori.
Si pensa ad esempio a casi di cronaca in cui eventi privatissimi, anche dolorosi, arrivano al pubblico, diventando oggetto di dibattito, senza alcun rispetto e delicatezza. Si pensa anche a persone famose che raccontano dopo tanti anni un segreto, e chi legge quella storia è portato a pensare, e non è detto che ci sia una reale empatia.
Tutto condito da giudizi, raccontato come si racconta del gossip. Sarà stato positivo per quella persona avere rivelato il suo segreto, sarà stata meglio? Anche se, bisogna considerare anche questo, ci sono dei casi in cui la condivisione di un segreto porta ad un processo liberatorio e di alleggerimento.
Le maschere sono necessarie per essere accettati dagli altri. Servono per proteggersi, anche se non fanno respirare bene. Sono anche la condanna di chi deve fingere. Fanno parte dell’essere umano, sono inevitabili. Tanti modi per definire l’essenza dell’uomo e la sua maschera, tante prospettive diverse, anche opposte.
Certamente dopo questo film, che tiene incollati fino alla fine, ci si penserà due volte prima di rivelare un segreto a qualcuno.
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